Corte di Cassazione (25166/2024) - Revocatoria fallimentare e onere della prova, ai fini di escludere l'applicabilità dell'art. 67, primo comma L.F., gravante sul convenuto che eccepisca la sua “inscientia decoctionis”.
Corte di Cassazione, Sez. I civ., 19 settembre 2024, n. 25166 – Pres. Francesco Terrusi, Rel Luigi Abete.
Revocatoria fallimentare ex art. 67, primo comma, L.F. - Stato di insolvenza - Presunzione di conoscenza da parte del convenuto - Prova contraria - Contenuto - Assenza di circostanze che ne attestino la ricorrenza – Insufficienza – Necessità di prove che depongano nel senso dell'inscientia decoctionis.
In tema di revocatoria fallimentare, l'onere della prova contraria gravante sul convenuto, che intenda vincere la presunzione semplice di conoscenza dello stato di insolvenza, posta dall'art. 67, comma 1, l.fall., non ha contenuto meramente negativo, equivalente alla mancanza della prova positiva della conoscenza, e non può, quindi, essere assolto con la mera dimostrazione dell'assenza di circostanze idonee ad evidenziare lo stato di insolvenza, occorrendo invece la positiva dimostrazione che, nel momento in cui è stato posto in essere l'atto revocabile, sussistevano circostanze tali da far ritenere, ad una persona di ordinaria prudenza e avvedutezza, che, l'imprenditore si trovava in una situazione normale di esercizio dell'impresa. (Massima Ufficiale) [pertanto, così la Corte ha affermato, come la presenza di protesti cambiari e di procedure esecutive individuali può in concreto non assurgere a decisiva rilevanza ai fini della prova positiva della “scientia decoctionis”, così la certezza della esclusione di quest’ultima non può essere affidata esclusivamente all’assenza di tali elementi, che, pur essendo indizi rivelatori di insolvenza, non ne sono tuttavia gli unici sintomi]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)