Corte d'Appello di Firenze – Fallimento: natura dell'azione intentata dal curatore ai fini del recupero delle somme indebitamente restituite ai soci dalla società poi fallita in violazione del disposto dell'art. 2467 c.c.
Corte d'Appello di Firenze, Sez. II civile – imprese, 15 ottobre 2024 – Pres. Ludovico Delle Vergini, Cons. Rel. Luigi Nannupieri, Cons. Fabrizio Nicoletti.
Società poi fallita – Avvenuta indebita restituzione di finanziamenti ai soci – Crediti da considerarsi postergati ex art. 2467 c.c.- Natura dell'azione promossa dal curatore volta al recupero di quanto reso – Azione di restituzione – Esclusione – Azione da considerarsi quale revocatoria fallimentare – Fondamento.
La violazione della postergazione “sostanziale” prevista dall'art. 2467 cod. civ. certamente può fondare una responsabilità (per violazione di doveri tipicamente previsti dalla legge), nei confronti dei creditori (e, dunque, del fallimento), da parte degli amministratori di una società fallita che abbiano indebitamente restituito ai soci somme in violazione della norma predetta, ma una volta che gli amministratori abbiano effettuato il pagamento pur in presenza di una temporanea inesigibilità l'altra forma di tutela esperibile è unicamente quella prevista (in precedenza dall'art. 2467 cod. civ. e attualmente dall'art. 164 C.C.I.) della inefficacia dei rimborsi avvenuti nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento (adesso precedentemente alla domanda da cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale), che non è una azione restitutoria, ma una revocatoria fallimentare ex lege del tutto simile, quanto a meccanismo operativo (inefficacia automatica), a quella dei pagamenti di cui all'art. 65 l. fall., ciò in quanto qualificare il rimedio dell'art. 2467 cod. civ. quale azione di ripetizione dell'indebito risulterebbe in chiaro contrasto proprio con quanto previsto dallo stesso art. 2467 cod. civ., laddove, al comma 1, seconda parte, limita l'obbligo di restituzione al rimborso percepito nell'anno anteriore al fallimento: previsione, questa, che si rivelerebbe assolutamente inutile se la ricostruzione del rimedio in termini di azione ex art. 2033 cod. civ. fosse fondata, giacché quest'ultima dovrebbe portare, di per sé, ad ammettere che anche i rimborsi effettuati oltre l'anno prima dall'apertura del fallimento siano oggetto di ripetizione, sulla base, appunto, della disposizione indiscriminata di cui all'articolo 2033 cod. civ. Che risulterebbe in chiaro contrasto proprio con quanto previsto dallo stesso art. 2467 cod. civ. , laddove, al comma 1, seconda parte, limita l'obbligo di restituzione al rimborso percepito nell'anno anteriore al fallimento: previsione, questa, che si rivelerebbe assolutamente inutile se la ricostruzione del rimedio in termini di azione ex art. 2033 cod. civ. fosse fondata, giacché quest'ultima dovrebbe portare, di per sé, ad ammettere che anche i rimborsi effettuati oltre l'anno prima dall'apertura del fallimento potrebbero risultare oggetto di ripetizione, sulla base, appunto, della disposizione indiscriminata di cui all'articolo 2033 cod. civ. Ciò si deve ritenere in quanto l'esclusione dell'ordinaria azione di ripetizione in relazione ai finanziamenti effettuati in violazione dell'art. 2467 cod. civ. discende anche dalla regola generale dell'art. 1185 cod. civ. secondo la quale “il debitore non può ripetere ciò che ha pagato anticipatamente”, ciò salvo diverse disposizioni di legge. Resta da ricordare, a conferma della correttezza della soluzione ermeneutica qui prescelta, che il CCII ha abrogato, all'interno dell'art. 2467 cod. civ. (e, quindi, con riferimento ai finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione o coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti, anche all'interno dell'art. 2497 quinquies cod. civ. cui tale disposizione si applica), la regola di diritto concorsuale, ponendola appunto nell'ambito dell'art. 164, commi 2 e 3, C.C.I., rubricato “Pagamenti di crediti non scaduti e postergati”. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
[cfr. nello stesso senso in questa rivista, in motivazione: Corte di Cassazione, Sez. I civ., 30 maggio 2024, n. 15196 https://www.unijuris.it/node/7939].