Corte di Cassazione (27939/2020) - Esenzione da revocatoria fallimentare dei pagamenti effettuati “nei termini d'uso” da un'impresa poi ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria: interpretazione di quell'espressione da privilegiarsi.
Corte di Cassazione, Sez. I civ., 07 dicembre 2020, n. 27939 – Pres. Magda Cristiano, Rel. Loredana Nazzicone.
Amministrazione straordinaria – Pagamenti eseguiti in periodo sospetto da un'impresa poi ammessa a quella procedura – Esenzione da revocatoria fallimentare se eseguiti nei “termini d'uso” - Effettuazione secondo la prassi del settore economico in questione - Ipotesi da farsi rientrare in tale eccezione – Esclusione.
Amministrazione straordinaria – Revocatoria fallimentare - Esenzione - Pagamenti effettuati"nei termini d'uso" – Espressione usata dall'art. 67, comma 3, lett. a), L.F. - Interpretazione di quell'espressione da privilegiarsi - Pagamenti effettuati secondo una prassi invalsa tra i contraenti – Onere della prova posta a carico dell'accipiens.
Il riferimento, ai fini dell’esenzione da revocatoria fallimentare per “i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa”, ai “termini d’uso” da parte dell'art. 67, terzo comma, lett. a), L.F. si deve ritenere attenga alle modalità proprie del rapporto diretto tra le parti e non già alla “prassi del settore economico in questione”. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
In tema di revocatoria fallimentare, l'art. 67, comma 3, lett. a), l.fall. va interpretato nel senso che non sono revocabili quei pagamenti che siano stati eseguiti ed accettati in termini diversi rispetto a quelli contrattualmente previsti, quando l'accipiens dimostri che, anche mediante comportamenti di fatto, i plurimi adempimenti con le nuove caratteristiche non possono più considerarsi eseguiti "in ritardo" essendo ormai divenuti esatti adempimenti (Massima ufficiale). [Al riguardo la Corte ha precisato che le modalità di deroga alle pattuizioni convenute tra le parti possono atteggiarsi in modo vario, vale a dire quale accordo una tantum convenuto tra le parti di volta in volta al momento del singolo pagamento, quale prassi invalsa tra i contraenti e preesistente al pagamento, e quale uso negoziale invalso nello specifico settore commerciale, ma che è solo la seconda modalità che è confacente alla disposizione in esame e che l'onere della prova di tale situazione è, ai sensi - dell'art. 2697 c.c., posta, laddove ricorra quel caso, in capo all'accipiens. Con riferimento al caso specifico sottoposto al suo esame ha, pertanto concluso che la corte d'appello aveva errato nel riferirsi unicamente alla disciplina negoziale: al contrario, essa avrebbe dovuto accertare se, in base ai mezzi di prova offerti dall'accipiens, tra la società in amministrazione straordinaria e la società destinataria dei pagamenti si fosse instaurata una prassi in via di fatto, modificativa degli accordi a suo tempo conclusi, tale da permettere l'adempimento della prestazione pecuniaria in tempi diversi e più lunghi, come quelli che avevano caratterizzato i pagamenti che, essendo stati eseguiti ed accettati in termini diversi rispetto ai tempi contrattualmente previsti, erano stati oggetto dell'azione revocatoria; per tale motivo ha cassato con rinvio la sentenza della corte distrettuale avanti a sé impugnata]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/24784.pdf
[con riferimento alla prima massima, cfr. in questa rivista: Corte di Cassazione, Sez. I civ., 07 dicembre 2016 n. 25162 https://www.unijuris.it/node/3110; con riferimento alla seconda massima: Cassazione civile, sez. I, 18 Marzo 2019, n. 7580 https://www.unijuris.it/node/4835]