Corte di Cassazione (20508/2020) – Ragionevole durata delle procedure fallimentari: criteri per riconoscere un’equa riparazione al creditore nel caso di durata superiore a quella fissata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.
Corte di Cassazione, Sez. II civ., 29 settembre 2020, n. 20508 – Pres. Sergio Gorjan, Rel. Luigi Abete.
Procedura fallimentare – Durata ragionevole - Pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo - Criterio cui fare riferimento per stabilirla – Durata eccedente – Diritto del creditore a un'equa riparazione.
Procedura fallimentare – Durata eccessiva - Equa riparazione – Misura da riconoscersi al creditore – Euro 500,00 per ogni anno di ritardo.
Addotta eccessiva durata di un processo - Domanda di equa riparazione – Proposizione durante la pendenza del processo – Giudice - Periodo decorso sino alla proposizione del ricorso - Tempo da prendersi di regola in considerazione – Protrarsi della violazione – Integrazione della originaria domanda - Presupposto perché si possa tener conto dell'ulteriore ritardo.
In tema di equa riparazione per la violazione del termine di durata ragionevole del processo, ex art. 2, comma 2, della l. n. 89 del 2001, la durata delle procedure fallimentari, secondo lo standard ricavabile dalle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo, è di cinque anni nel caso di media complessità e, in ogni caso, per quelle notevolmente complesse - a causa del numero dei creditori, della particolare natura o situazione giuridica dei beni da liquidare (partecipazioni societarie, beni indivisi, ecc.), della proliferazione di giudizi connessi o della pluralità di procedure concorsuali interdipendenti - non può superare la durata complessiva di sette anni. (Massima ufficiale)
In tema di equa riparazione da irragionevole durata del processo fallimentare, qualora il creditore non abbia dimostrato di aver manifestato agli organi della procedura uno specifico interesse alla pronta definizione dello stesso, è congrua la liquidazione dell'indennizzo nella misura solitamente riconosciuta per i giudizi amministrativi protrattisi oltre dieci anni, rapportata su base annua a circa Euro 500,00. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Ove la domanda di equa riparazione sia proposta durante la pendenza del processo, il giudice deve prendere in considerazione il solo periodo decorso sino alla proposizione del ricorso e non anche l'ulteriore ritardo, futuro ed incerto, suscettibile di maturazione nel prosieguo del processo "presupposto"; pur tuttavia, qualora si prospetti una protrazione della addotta violazione, costituente oggetto di specifica allegazione ad integrazione della originaria domanda, ben potrà il giudice, laddove risulti essere stata documentata la perdurante pendenza di tale violazione, tener conto dell'ulteriore ritardo. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)