Corte di Cassazione (28094/2018) - Fallimento e stato passivo: inammissibilità che una dichiarazione rilasciata dal fallito possa valere a determinare l'inversione dell'onere della prova circa l'esistenza o meno di un credito.
Corte di Cassazione, Sez. VI civ.- Sottos. 1, 05 novembre 2018 n. 28094 – Pres. Rosa Maria Di Virgilio, Rel. Aldo Angelo Dolmetta.
Fallimento – Stato passivo – Insinuazione – Soggetto poi fallito – Avvenuta ricognizione di debito – Onere della prova – Inversione a carico del curatore – Prova dell'inesistenza del credito – Esclusione.
La dichiarazione rilasciata dal soggetto poi fallito [nello specifico, la dichiarazione mediante la quale lo stesso, allorchè ancora in bonis, ammetteva di aver ricevuto della merce, di essere conseguentemente debitore e accettava che il credito che ne era derivato a favore del fornitore fosse ceduto a terzi] non può assumere nell'ambito dei giudizi relativi allo stato passivo l'efficacia della confessione giudiziale di cui all'art. 2735 c.c. in quanto il curatore rappresenta la massa dei creditori e non il fallito che quella dichiarazione abbia rilasciato e non può, pertanto, valere a determinare, quale ricognizione di debito, l'inversione dell'onere della prova ex art. 1988 c.c., ponendo così a carico dello stesso curatore l'onere di dimostrare l'inesistenza del credito [rimane, pertanto, in detta ipotesi, a carico del terzo cessionario, in sede di insinuazione, l'onere di fornire la prova di essere divenuto titolare di quel credito]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
[cfr. in questa rivista: Cassazione civile, Sez. I, 19 ottobre 2017 n. 24690 https://www.unijuris.it/node/3788]