Corte di Cassazione – Risoluzione del concordato e riconoscimento in sede fallimentare della continuità dello stato di crisi. Prededuzione del credito sorto in sede concordataria.
Corte di Cassazione, Sez. I civ., 09 settembre 2016 n. 17911 - Pres. Ragonesi, Rel. Genovese.
Concordato preventivo – Contratti pendenti e nuovi rapporti - Crediti - Prededuzione – Riconoscimento – Condizione necessaria.
Concordato con continuità aziendale – Risoluzione – Dichiarazione di fallimento – Insinuazione al passivo – Credito per forniture fatte in sede concordataria – Deducibilità – Continuità dello stato di crisi – Riscontro necessario – Tribunale – Riconoscimento in via presuntiva.
“In tema di concordato preventivo, godono del trattamento preferenziale (c.d. prededuzione) i crediti che attengono sia alla prosecuzione dei contratti pendenti, per il periodo successivo all’ammissione, sia quelli instaurati successivamente come nuovi rapporti, purché in conformità del piano industriale oggetto dell’approvazione del Tribunale, in modo che così si realizzi quella piena coerenza tra le obbligazioni assunte dall’impresa in concordato ed il piano approvato “. (Principio di diritto)
In caso di risoluzione di un concordato con continuità aziendale, si deve ritenere, specie dopo la riforma fallimentare, che il tribunale possa ricavare, anche in via presuntiva, ai fini della regolazione del futuro stato passivo dell’impresa che, dopo aver visto risolto il proprio concordato, sia stata successivamente dichiarata fallita, la prova, negativa o positiva, della continuità dello stato di crisi-insolvenza e, quindi, o che i pochi mesi trascorsi tra le due pronunce, quelle appunto di risoluzione del concordato e quella dichiarativa del fallimento, sono stati sufficienti a determinare una nuova sfortunata partenza dell’attività d’impresa ed un nuovo stato d’insolvenza, o che, viceversa, tale stato critico era lo stesso che si era manifestato già prima, addirittura sin dal momento dell’ammissione del debitore alla pronuncia concordataria , anche se, solo a seguito del completamento delle procedure di dichiarazione d’insolvenza, quello stesso si è reso esplicito e pienamente manifestato (nel specifico, la Corte, riconoscendo la consecutio tra le procedure, ha cassato, pur in assenza di prova della continuità da parte della creditrice, per violazione dell’art. 111, secondo comma, L.F., la decisione del tribunale che aveva respinto l’opposizione allo stato passivo proposta dalla stessa che aveva visto ammettere al passivo in chirografo, anziché in prededuzione, il suo credito per le forniture di materia prima effettuate, a favore della società poi dichiarata fallita, dopo l’omologazione del concordato preventivo). (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
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