Corte di Cassazione (13016/2024) - L'espressione volta a definire la condotta del professionista posta alla base del reato di “Falso in attestazioni e relazioni” è rimasta, in sede di CCII, sostanzialmente immutata.
Corte di Cassazione, Sez. V pen., 23 febbraio 2924, n. 13016 – Pres. Rosa Pezzullo, Rel. Pierangelo Cirillo.
Concordato preventivo - Falso in attestazioni e relazioni – Reato commesso dal professionista attestatore – Previsione ex art. 236 bis L.F. – Non intervenuta abrogazione di parte della fattispecie criminosa da parte dell'art. 342 C.C.I. -
Si deve escludere che il "nuovo" art. 342 C.C.I. abbia con il solo inserimento dell’inciso «in ordine alla veridicità dei dati contenuti nel piano o nei documenti ad esso allegati», a completamento dell'espressione con cui era stato definito già in sede di art. 236 bis L..F. il tipo di condotta (ora confermata) tenuta dal professionista, nel contesto delle procedure avviate dal debitore per regolare il suo stato di crisi (in particolare di quella di concordato preventivo), che costituiva l'oggetto dell'imputazione relativa al reato di “Falso in attestazioni e relazioni” (professionista che”espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni vere”), abbiadeterminato un effetto parzialmente abrogativo della precedente fattispecie, in quanto, proprio facendo riferimento a questi soli profili dell'attività svolta dal professionista in quei contesti, anche la precedente disposizione della legge fallimentare non attribuiva rilievo, ai fini del giudizio di falsità, alla valutazione prognostica del professionista relativa alla "fattibilità economica" del piano concordatario, atteso che in ordine ad un giudizio che si risolve appunto ad una previsione futura non può formularsi un apprezzamento di difformità dal “vero”, ma solo alla correttezza e alla compiutezza della base informativa nonché alla correttezza dei metodi e dei criteri valutativi impiegati per tale valutazione. Ciò trova conferma in particolare nel fatto che tale interpretazione risulta perfettamente conforme alle intenzioni del legislatore delegato, palesate nella Relazione illustrativa al “Codice delle Crisi e dell'Insolvenza” nella parte in cui si afferma che “l'art. 342 riproduce sostanzialmente sul punto il contenuto dell'art. 236-bis legge fall.”, volontà come espressa che si è saldata con la legge delega 155/2017 che escludeva interventi abrogativi delle fattispecie penali, stante che all'art. 2, comma 1, lettera a) prevedeva solo con riferimento alle disposizioni penali che ci si limitasse a sostituire il termine fallimento e i suoi derivati con l'espressione liquidazione giudiziale.(Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)