Tribunale di Grosseto - Concordato prenotativo: perentorietà del termine fissato dal giudice. Domanda di concordato in continuità: verifiche da eseguirsi dal tribunale e inammissibilità dell'applicazione dell'istituto dell'omologazione forzosa.
Tribunale di Grosseto, 09 maggio 2024 – Pres. Claudia Frosini, Giud. Valeria Medaglia e Amedeo Russo.
Concordato con riserva – Termine fissato dal giudice per la presentazione della proposta, del piano e dei documenti – Natura perentoria – Prorogabilità solo a determinate condizioni - Inammissibilità della proposta concordataria in caso di mancata osservanza del termine stabilito.
Concordato preventivo in continuità – Fase dell'ammissione – Verifiche da eseguirsi da parte del tribunale – Natura ed estensione,
Concordato preventivo in continuità – Istituto dell'omologazione forzosa – Inapplicabilità – Fondamento.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità dal quale non vi è ragione di discostarsi, il termine fissato dal Giudice al debitore per la presentazione della proposta, del piano e dei documenti del concordato cosiddetto "con riserva" di cui all'art. 44 C.C.I. ha natura perentoria e disciplina mutuata dall'art. 153 c.p.c., cosicché non è prorogabile a richiesta della parte o d'ufficio se non in presenza di giustificati motivi, motivi che devono essere allegati dal richiedente e verificati dal Giudice, la cui decisione è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata. Pertanto, in ragione della natura decadenziale del menzionato termine, alla sua inosservanza consegue l'inammissibilità della domanda concordataria. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata) [Si segna al riguardo che il recente intervento normativo di cui al D. Lgs. 136/2024 (correttivo) ha modificato, tra gli altri, l'art.44 C.C.I., inserendo in particolare al primo comma, lettera a), una precisazione per quanto concerne la decorrenza del termine ed eliminando la preclusione rappresentata, ai fini dell'ammissibilità della richiesta di proroga, dalla presenza di domande per l'apertura della liquidazione giudiziale; questo il nuovo testo, con riferimento al decreto pronunciato dal tribunale: “fissa un termine, decorrente dall’iscrizione di cui all'articolo 45, comma 2, compreso tra trenta e sessanta giorni e prorogabile su istanza del debitore in presenza di giustificati motivi comprovati dalla predisposizione di un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza, fino a ulteriori sessanta giorni, entro il quale il debitore deposita la proposta di concordato preventivo con il piano, l'attestazione di veridicità dei dati e di fattibilità e la documentazione di cui all'articolo 39, commi 1 e 2, oppure chiede l’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti, con la documentazione di cui all'articolo 39, comma 1, oppure l’omologazione del piano di ristrutturazione di cui all'articolo 64-bis, con la documentazione di cui all'articolo 39, commi 1 e 2”].
Con riferimento ad una domanda di concordato preventivo in continuità aziendale, l'art. 47 C.C.I. in tema di verifiche da eseguirsi da parte del tribunale in quel caso e in quello di proposizione di un ricorso per concordato liquidatorio, stabilisce all'art. 1, lettera b) che “il Tribunale, oltre a valutare “la ritualità della proposta”, dichiari in ogni caso la domanda inammissibile se il piano è manifestamente inidoneo alla soddisfazione dei creditori, come proposta dal debitore e alla conservazione dei valori aziendali”. Orbene, se il concetto di ritualità della proposta richiama la verifica della completezza della documentazione depositata e della regolarità della procedura, il controllo del Tribunale non si arresta tuttavia ad una verifica meramente esteriore e formalista della proposta, dovendo necessariamente includere, anche al fine di evitare un utilizzo abusivo dello strumento concordatario, (oltre al controllo sull’ordine delle prelazioni, sulla formazione delle classi [come ora da espressa previsione introdotta dal D. Lgs. 136/2024], sull’assicurazione ai creditori di un’ utilità economicamente rilevante e sui requisiti di accesso alla procedura), la verifica che la proposta e il piano risultino operativamente percorribili e coerenti con il dichiarato fine di risanamento dell’impresa e della conservazione dei valori aziendali, oltre che in grado di soddisfare i creditori in misura almeno pari all’alternativa liquidatoria. [nello specifico, con riferimento ad un piano concordatario che prevedeva che la continuità aziendale sarebbe derivata dall’attività svolta, in parte direttamente dalla stessa società proponente e, in altra parte, da una società da quella controllata la quale avrebbe garantito il 50% circa dei flussi di cassa aziendali e relativamente alla quale pendeva un autonomo ricorso per la liquidazione giudiziale, il Tribunale si è pronunciato nel senso dell'inammissibilità della proposta concordataria in quanto l'incompletezza e inattendibilità delle informazioni inerenti la contabilità della controllata, che avevano a determinato l’impossibilità oggettiva per il commissario giudiziale di esprimere il proprio parere in ordine alla sostenibilità economica dell’impresa e alla conservazione dei valori aziendali nonché, in generale, alla sostenibilità del debito e alla remunerazione dei fattori produttivi, rappresentavano una lacuna in grado di incidere appunto sulla stessa regolarità della proposta concordataria].(Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Si deve ritenere che nell'ambito del concordato in continuità l'istituto dell'omologazione forzosa previsto dall'art. 88, comma 2 bis, C.C.I. con riferimento ai crediti tributari e contributivi in caso di mancata adesione da parte delle amministrazioni finanziarie e previdenziali alla proposta di transazione fiscale non possa trovare applicazione, ciò in quanto il tenore letterale dell’articolo 88 C.C.I. che, nel dettare la disciplina sul trattamento dei crediti erariali e sulla possibilità di ricorrere all’istituto della omologazione forzosa, fa espressamente salve le diverse previsioni previste per il concordato in continuità così disponendo “…fermo restando quanto previsto per il concordato in continuità” ed in quanto alla suddetta disposizione (che consente di derogare al principio generale del consenso espresso del ceto creditorio alla proposta concordataria), deve senz’altro riconoscersi natura eccezionale, come tale insuscettibile di applicazione analogica a fattispecie diverse che non contemplino espressamente una tale possibilità, né si ritiene possibile, sul diverso terreno dell’interpretazione estensiva della norma pur astrattamente ammissibile, considerare un voto non espresso di un creditore o di una classe come un voto di adesione per effetto di una fictio iuris e ciò soprattutto se la stessa ratio della continuità è fondata, come nella specie, in larga parte sul mancato pagamento del debito erariale. [Si segnala al riguardo che il D. Lgs. 136/2024 non ha solo modificato in particolare il comma 1 dell'art. 88 C.C.I., che includeva quella premessa (fermo restando...) concernente il concordato in continuità come riferita alla previsione dell'art. 112, comma 2, C.C.I. e anche quello stesso articolo, ma ha modificato anche il comma 2 dell'art. 88 e, soprattutto, ha abrogato il comma 2 bis come prevedente il cram down fiscale in sede di concordato preventivo]. (Pierluigi Ferrini – riproduzione riservata)
https://dirittodellacrisi.it/articolo/trib-milano-13-aprile-2024-pres-de-simone
[con riferimento alla prima massima, cfr. in questa rivista: Cass., Sez. 1, 7 dicembre 2022, n. 35959 https://www.unijuris.it/node/6637].