Corte Costituzionale – Liquidazione controllata: limite quantitativo e temporale, massimo e minimo, all’acquisizione di beni sopravvenuti all’apertura della procedura concorsuale.
Corte Costituzionale, 19 gennaio 2024, n. 6 – Pres. Augusto Antonia Barbera, Redattrice Emanuela Navarretta.
Liquidazione controllata – Beni sopravvenuti nel corso della procedura – Possibile seppur limitata messa a disposizione - Limite temporale massimo di durata – Facoltà per il legislatore di non stabilire un termine “fisso” - Effetto automatico di esdebitazione con il decorso del triennio dall’apertura - Criterio cui fare ricorso per stabilire la durata possibile di tale parziale acquisizione.
Devono riconoscersi non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 142, comma 2, Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza., sollevate dal Tribunale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui, diversamente da quanto disposto dalla legge 27 gennaio 2012, n. 3 (Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento) per la liquidazione del patrimonio, non stabilisce un termine massimo, in sede di liquidazione controllata, per l’acquisizione, nei limiti previsti dall'art. 268. comma 4. lettera b) C.C.I., in particolare, dei beni sopravvenuti, vale a dire delle quote di stipendi e pensioni che eccedano «quanto occorre al mantenimento» del debitore «sovraindebitato e della sua famiglia»; ciò in quanto, da un lato, non è corretto, come ritenuto dal remittente, ritenere che la mancata previsione di un termine fisso debba essere integrata dal riferimento al tempo strettamente necessario alla copertura delle spese della procedura, essendo la liquidazione controllata, come quella giudiziale, finalizzata a liquidare il patrimonio del debitore a beneficio dei creditori concorsuali, sicché il criterio costituito dal tempo necessario a coprire le spese della procedura non identifica in alcun modo un implicito termine di durata massima della medesima; per un altro verso, perché rientra nella discrezionalità del legislatore sostituire un termine “fisso” con un termine che si plasma sulle concrete esigenze che emergono, nella singola procedura, a tutela dei creditori. La durata dell’apprensione dei beni sopravvenuti dipende, infatti, dall’ammontare delle risorse complessive disponibili e dall’entità dei crediti concorsuali, oltre che delle spese di procedura, fatto salvo il limite temporale desumibile dall’istituto dell'esdebitazione che pone bensì un limite temporale massimo alla apprensione dei beni sopravvenuti del debitore, ma, al contempo, salvo che i liquidatori riescano a soddisfare integralmente i crediti concorsuali e quelli concernenti le spese della procedura, in presenza di crediti concorsuali non ancora soddisfatti prima del triennio e fermo restando ai sensi dell'art. 272, comma 3, C.C.I. il necessario rispetto della ragionevole durata della procedura, finisce per operare anche quale termine minimo da utilmente opportunamente sfruttare pena l’ingiustificato sacrificio delle ragioni creditorie da viceversa garantirsi al massimo grado possibile. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
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