Corte d'Appello di Brescia – Legge Pinto: procedimento per il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, derivanti dall’irragionevole durata del processo e onere della prova.
Corte d'Appello di Brescia, Sez. II civ., 24 gennaio 2022 – Pres. Rel. Daniela Fedele, Cons. Lucia Cannella e Vittorio Aliprandi.
Eccessiva durata di un processo – Soggetto leso – Equa riparazione – Riconoscimento automatico – Esclusione – Natura indennitaria - Danno patrimoniale o non patrimoniale – Causazione - Presupposto necessario.
Lesione del diritto alla ragionevole durata del processo – Danno sussistente in re ipsa – Esclusione – Necessità della prova - Fondamento.
Lesione del diritto alla ragionevole durata del processo – Danno non patrimoniale – Soggetto istante per il risarcimento - Dimostrazione – Ricorso a presunzioni e ragionamenti inferenziali – Ammissibilità.
La natura indennitaria dell'equa riparazione per l'eccessiva durata di un processo non conduce di per sé, quasi si trattasse dell'applicazione di una pena privata, multa o sanzione nei confronti dell'apparato statale, al preteso automatismo della sua attribuzione in favore del soggetto che lamenti violazione del suo diritto alla ragionevole durata di quel giudizio, ma richiede che lo stesso abbia subito un danno patrimoniale o non patrimoniale da risarcirsi in considerazione del tempo trascorso in eccesso rispetto a quanto avrebbe dovuto essere la sua durata normale. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Non si può ritenere che in caso di lesione del diritto alla ragionevole durata del processo il danno sia in re ipsa, quasi si trattasse di una forma di violazione dei “diritti fondamentali della persona”che non possa rimanere, ai sensi del dettato costituzionale, senza una minima sanzione risarcitoria, ma si deve ritenere che il danno causato dall'eccessivo protrarsi del giudizio vada dimostrato dalla parte legittimata a chiederne il ristoro, dal momento che lo stesso trova la sua fonte nella legge ordinaria (L. 89/2001) e non è direttamente riconducibile alla previsione dell'articolo 111 della Costituzione che, dove dispone che “la legge assicura la ragionevole durata” dei processi, rileva, invece, unicamente come parametro di controllo della legge che sia in tesi in contrasto con gli obiettivi in esso affermati volti a garantire “a ciascun titolare di diritti soggettivi o di interessi legittimi lesi o inattuali, la facoltà di agire e di difendersi in giudizio”. (Pierluigi Ferrini -Riproduzione riservata)
Il danno conseguente all'eccessiva durata di un processo va sempre dimostrato per poter essere risarciti, ancorché, per quanto in particolare attiene al danno non patrimoniale o cosiddetto morale, tale prova possa essere in concreto agevolata dal ricorso a presunzioni e a ragionamenti inferenziali, che trovano fondamento nella conoscenza, in base ad elementari e comuni nozioni di psicologia, degli effetti che la pendenza di un giudizio civile, penale e amministrativo provoca nell'uomo medio. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
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