Tribunale di Verona – Concordato con continuità diretta omologato: il creditore che con il suo comportamento abbia messo il promittente nella condizione di non poterlo adempiere non può proporre istanza di risoluzione.
Tribunale di Verona, Sez. Fallimentare , 17 dicembre 2021 (data della pronuncia) – Pres. Monica Attanasio, Rel. Pier Paolo Lanni, Giud. Silvia Rizzuto.
Concordato preventivo con continuità diretta – Disponibilità di una banca creditrice a concedere finanziamenti - Previsione come necessari a garantire la fattibilità della proposta - Impegno più volte ribadito dalla banca stessa – Omologazione – Mancato successivo adempimento da parte di tale istituto – Comportamento ingiustificato – Impossibilità per il proponente di dare attuazione al piano proposto – Istanza della banca creditrice di risoluzione del concordato - Contrarietà a buona fede e natura abusiva di tale iniziativa – Rigetto della domanda – Altre conseguenze.
Abuso di diritto e violazione dell'obbligo di buona fede – Situazio ni che possono rilevare in tutte le procedure concorsuali – Fondamento.
La banca, creditrice ipotecaria e privilegiata che, dopo aver confermato a più riprese, sin dal momento dell'apertura della procedura concordataria e financo in sede di omologa e di successiva sua ammissione alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, la sua disponibilità a concedere al proponente un concordato con continuità aziendale diretta l’erogazione di un finanziamento ai sensi dell’art. 182 quater, comma 1, L.F., considerato dallo stesso debitore necessario per garantire la fattibilità della di lui proposta e utizzabile ai sensi dell'art. 182 quinquies, abbia successivamente omesso senza giustificazione di erogare la relativa finanza, in tal modo determinando l’impossibilità per il proponente di dare attuazione al piano e di adempiere agli obblighi assunti, non ha diritto a richiedere ai sensi dell'art. 186 L.F. la risoluzione per inadempimento del concordato, ciò in quanto tale sua iniziativa integra un’ipotesi di abuso del diritto di azione e di violazione dell’obbligo di buona fede, onde la sua domanda va rigettata e la stessa banca non solo va condannata al pagamento delle spese di lite ma anche al risarcimento dei danni, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., poiché nella sua iniziativa è configurabile una forma di responsabilità processuale aggravata. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
La circostanza che l'abuso di diritto e la violazione dell'obbligo di buona fede possono rilevare in termini impeditivi anche in relazione alle azioni dei creditori nelle procedure concorsuali trova espressa conferma in disposizioni come quelle contenute nell'art. 12, comma 3 ter, e 12 bis, comma 3 bis, della L. 3/2012, in quanto da ritenersi espressive di un principio generale rilevante in tutte le procedure concorsuali. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
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