Tribunale di Napoli - Azione di responsabilità nei confronti degli amministratori di società fallita per avere in precedenza proseguito nell'attività sociale dopo il verificarsi di una causa di scioglimento: quantificazione del danno.
Tribunale di Napoli, Sez. Spec. in Materia d'Impresa, 08 marzo 2021 – Pres. Dario Raffone, Rel. Adriano Del Ben, Giud. Caterina Di Martino.
Dichiarazione di fallimento – Precedente verificarsi di una causa di scioglimento della società – Perdita del capitale sociale - Illecita prosecuzione dell'attività – Assunzione di nuovi impegni e/o obbligazioni – Mancati compimento di soli meri atti conservativi - Comportamento considerato contra legem – Fondamento - Prova posta a carico del curatore.
Fallimento - Azione di responsabilità nei confronti degli amministratori – Esercizio da parte del curatore – Comportamento illecito dei gestori – Causazione del danno – Esistenza e ammontare di quello - Prove poste a carico dell'attore - Irregolare tenuta delle scritture contabili - Presupposto che consente un'inversione dell'onere della prova.
Fallimento - Azione di responsabilità nei confronti degli amministratori – Danno causato - Incompletezza dei dati contabili - Impossibilità di una sua ricostruzione analitica – Criterio della differenza tra i netti patrimoniali – Possibile ricorso in via equitativa.
Il curatore fallimentare, che intenda far valere una responsabilità ex art. 146 L.F. degli amministratori della società poi fallita per avere in precedenza proseguito nell'attività sociale dopo il verificarsi di una causa di scioglimento della società, è tenuto a provare che, dopo la perdita del capitale sociale, sono state da quelli stessi intraprese iniziative imprenditoriali connotate dall'assunzione di nuovo rischio economico-commerciale e compiute al di fuori di una logica meramente conservativa, in quanto ciò che è considerato contra legem è la gestione, appunto, in chiave non conservativa della società, riconducibile all'assunzione di nuovi impegni e/o obbligazioni. La disposizione di cui all'art. 2486, commi 1 e 2, c.c. esprime infatti sul piano normativo la coerente conseguenza del fatto che, dopo il verificarsi della causa di scioglimento, il patrimonio sociale non può più considerarsi destinato, quale era in precedenza, alla realizzazione dello scopo sociale, onde gli amministratori non possono più utilizzarlo a tal fine, ma sono abilitati a compiere soltanto gli atti correlati strumentalmente al diverso fine della liquidazione dei beni, restando ad essi inibito il compimento di nuovi atti di impresa suscettibili di porre a rischio, da un lato, il diritto dei creditori della società a trovare soddisfacimento sul patrimonio sociale, e, dall'altro, il diritto dei soci a una quota, proporzionale alla partecipazione societaria di ciascuno, del residuo attivo della liquidazione. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Sul tema della quantificazione del danno, nel caso di azione di responsabilità promossa dal curatore fallimentare contro gli ex amministratori ex art. 146 L.F., compete allo stesso di dare la prova della sua esistenza, del suo ammontare e del fatto che esso sia stato causato dal comportamento illecito di un determinato soggetto, potendosi configurare un'inversione dell'onere della prova solo quando l'assoluta mancanza ovvero l'irregolare tenuta delle scritture contabili rendano impossibile al curatore fornire la prova del predetto nesso di causalità; in questo caso, infatti, la citata condotta, integrando la violazione di specifici obblighi di legge in capo agli amministratori, è di per sé idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
In ipotesi di azione ex art. 146 L.F. nei confronti degli amministratori della società fallita, ed ai fini della liquidazione del danno dagli stessi cagionato per aver proseguito l'attività pur in presenza di una causa di scioglimento della società, così violando l'obbligo di cui all'art. 2486 c.c., il giudice può avvalersi in via equitativa, nel caso di impossibilità di una ricostruzione analitica dovuta all'incompletezza dei dati contabili ovvero alla notevole anteriorità della perdita del capitale sociale rispetto alla dichiarazione di fallimento, del criterio presuntivo della differenza dei netti patrimoniali, vali a dire della differenza tra il patrimonio netto della società al momento in cui gli amministratori avrebbero dovuto accorgersi della causa di scioglimento, ed il patrimonio netto della società al momento della messa in liquidazione, ovvero della sentenza dichiarativa di fallimento, se non preceduta dalla fase di liquidazione, ciò a condizione che tale utilizzo sia congruente con le circostanze del caso concreto e che, quindi, il curatore attore abbia allegato un inadempimento dell'amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato ed abbia specificato le ragioni impeditive di un rigoroso distinto accertamento degli effetti dannosi concretamente riconducibili alla sua condotta. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Il criterio della differenza dei netti patrimoniali consente di apprezzare in via sintetica ma plausibile l'effettiva diminuzione patrimoniale della società, anche se anch'esso sconta alcuni automatismi presuntivi che sono propri dell'altro criterio differenziale (differenza tra attivo e passivo fallimentare), in quanto non tutte le perdite riscontrate dopo il verificarsi di una causa di scioglimento possono essere riferite alla prosecuzione dell'attività, potendo in parte prodursi comunque anche in pendenza della liquidazione o durante il fallimento per il solo fatto della svalutazione dei cespiti aziendali in ragione del venir meno dell'efficienza produttiva e dell'operatività dell'impresa, circostanza questa che dovrebbe comunque essere presa in considerazione.
http://www.fallimentiesocieta.it/sites/default/files/Tribunale%20Napoli%208%20marzo%202021.pdf
[con riferimento ai criteri di quantificazione del danno in sede di azione di responsabilità, cfr. in questa rivista: Corte di Cassazione, Sez. I civ., 04 aprile 2011 n. 7606 https://www.unijuris.it/node/4406; Cassazione civile, Sez. Un., 6 maggio 2015, n. 9100 https://www.unijuris.it/node/2606 e Corte di Cassazione, Sez. I civ., 20 aprile 2017 n. 9983 https://www.unijuris.it/node/3402].