Corte di Cassazione (5674/2021) – Opposizione allo stato passivo e considerazioni in merito alla prova ed alla verifica della tempestività del ricorso. Liquidazione del compenso per l'attività prestata dal legale, sotto la vigenza del DM n. 140/2012.
Corte di Cassazione, Sez. I civ., 02 marzo 2021, n. 5674 Pres. Francesco A. Genovese, Rel. Eduardo Campese.
Fallimento – Stato passivo – Opposizione – Deposito del ricorso – Verifica della sua tempestività – Questione rilevabile d'ufficio – Giudice – Mancata acquisizione del fascicolo fallimentare – Prova documentale attestante quel requisito - Assegnazione alla ricorrente di un termine perché la fornisca – Ammissibilità – Iniziativa comunque riconducibile al potere officioso dell'ufficio giudicante.
Fallimento – Stato passivo – Opposizione – Deposito del ricorso – Necessaria verifica della sua tempestività – Ricorrente – Deposito in forma cartacea anziché telematica della documentazione che l'attesta - Mera irregolarità – Applicazione del principio del raggiungimento dello scopo – Conoscenza comunque garantita al giudice e alle controparti.
Avvocato – Attività professionale svolta in sede giudiziale – Controversia di valore superiore ad Euro 1.500.000,00 - Giudice – Determinazione del compenso ai sensi del D.M. n. 140 del 2012 – Criteri adottati – Necessaria indicazione.
La verifica della tempestività dell’opposizione allo stato passivo, L. Fall., ex art. 98, è questione rilevabile d’ufficio, indipendentemente dall’eccezione di parte e dalla eventuale contumacia del curatore, ed è pertanto dovere del giudice controllare la data di ricezione dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione dello stato passivo allegata al fascicolo fallimentare (previa sua acquisizione) o al ricorso in opposizione [la Corte ha, a tale proposito, sottolineato che si doveva ritenere che la parte impugnante non fosse incorsa in alcuna decadenza seppure il giudice di merito, anziché acquisire il fascicolo fallimentare, avesse optato per l’assegnazione di un termine alla parte ricorrente, che non aveva in precedenza fornito tale prova, per produrre la documentazione attestante la tempestività del deposito del ricorso, stante che tale produzione, cui il ricorrente aveva poi provveduto nell’adempimento del suo dovere di collaborazione con il giudice, doveva considerarsi comunque riconducibile all’esercizio del potere officiosoa quello stesso giudice spettante]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Nei procedimenti contenzioni incardinati dinanzi ai tribunale dal 30 giugno 2014, il deposito per via telematica, anziché con modalità cartacee, dell’atto introduttivo del giudizio (il D.L. n. 179 del 2012, art. 16 bis, aveva prescritto l’obbligo di deposito telematico solo per gli atti endoprocessuali e non per quelli introduttivi del giudizio) non dà luogo ad una nullità della costituzione dell’attore, ma ad una mera irregolarità, laddove sia stato comunque realizzato il raggiungimento dello scopo della presa di contatto tra la parte e l’ufficio giudiziario e della messa a disposizione delle altre parti di quell'atto. Il deposito per via telematica, anziché con modalità cartacee dell’atto introduttivo di un giudizio di cognizione, si risolve infatti in una mera irregolarità tutte le volte in cui lo stesso sia stato inserito nei registri informatici dell’ufficio giudiziario, previa generazione della ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero di Giustizia. [la Corte ha, nello specifico, ribadito il predetto principio del raggiungimento dello scopo, atteso che la documentazione prodotta in giudizio, seppur non contestualmente al deposito del ricorso in opposizione, dal creditore impugnante, pur depositata in forma cartacea e non telematica, era stata comunque portata a conoscenza della controparte e del giudice, che aveva così potuto verificare la tempestività ex art, 99 L.F. del deposito del ricorso] (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
La liquidazione giudiziale del compenso spettante ad un avvocato, da effettuarsi alla stregua dei parametri sanciti dal D.M. n. 140 del 2012, ed in relazione all’attività professionale da lui svolta, nell’interesse del proprio cliente, in una controversia di valore superiore ad Euro 1.500.000,00, postula che l’operato del giudice, ai sensi dell’art. 11, comma 9, del D.M., predetto, consenta di individuare le modalità di determinazione del concreto importo originario - ricompreso tra quelli minimo, medio e massimo, riferiti, di regola, allo scaglione precedente (fino ad Euro 1.500.000,00) - successivamente da incrementarsi, specificandosene il criterio concretamente adottato, in funzione dell’effettivo valore della controversia, della natura e complessità della stessa, del numero e dell’importanza e complessità delle questioni trattate, nonché del pregio dell’opera prestata, dei risultati del giudizio e dei vantaggi, anche non patrimoniali, conseguiti dal cliente. (Principio di diritto)
http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/24990#gsc.tab=0
[con riferimento alla prima massima, cfr. in questa rivista: Cassazione civile, Sez. I, 01 Dicembre 2016, n. 24551 https://www.unijuris.it/node/4001; con riferimento al principio generale su esposto:
Cassazione civile, Sez. VI, 27 Giugno 2018, n. 16934 https://www.unijuris.it/node/4293]