Tribunale di Venezia – Competenza a trattare, nel corso di uno stesso giudizio, sia un'azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore di una società dichiarata fallita, sia un'azione revocatoria degli atti in frode commessi.
Tribunale Ordinario di Venezia, Sez. Spec, in Materia d'Impresa, 16 luglio 2019 – Pres. Liliana Guzzo, Rel. Lisa Torresan, Giud. Chiara Campagner.
Fallimento – Azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore – Proposizione avanti - a Sezione Specializzata in Materia d'Impresa – Inammissibile attrazione di quei giudizi – Connessione non giustificata – Possibile svolgimento contestuale avanti al Tribunale fallimentare.
Giudizio in corso volto all'accertamento di un credito – Atto dispositivo posto in essere dal debitore - Esperimento di un'azione revocatoria – Non necessaria sospensione in attesa della definizione del primo giudizio – Conflitto tra giudicati - Non possibile verificarsi.
Fallimento - Giudizi di responsabilità promossi contro gli amministratori – Risarcibilità del danno provocato alla società - Inadempimento ai doveri cui erano tenuti – Rapporto causale tra comportamento e danno – Danno consistente in una diminuzione patrimoniale – Entità dello stesso – Prove poste a carico del curatore – Possibile ricorso a criteri equitativi del danno – Presupposti necessari.
Alla luce della recente pronuncia della Corte di Cassazione, n. 15982/1918, che ha ristretto i casi di connessione che giustificano, così da consentire una trattazione dedicata e auspicare una più rapida definizione delle controversie, l'attrazione di giudizi diversi alla competenza delle Sezioni Specializzate in Materia d'Impresa, come prevista dall'art. 3, comma 3, del D. Lgs. 168/2003, escludendola nell'ipotesi che uno di questi possa consistere in un'azione revocatoria, si deve ritenere non sussistere alcuna connessione che giustifichi che venga riconosciuta ad una delle sedi distrettuali di tali Sezioni, adita con ricorso per sequestro conservativo, la competenza per materia e per territorio a decidere dello stesso con riferimento, oltre che all'azione di responsabilità proposta nei confronti dell'amministratore in bonis di società dichiarata fallita, anche contestualmente con riferimento all'azione revocatoria ex art. 64 L.F. che la curatela si era riproposta di proporre nei confronti dello stesso e dei compartecipi agli atti di frode da lui posti in essere nei confronti dei creditori. In una tale ipotesi la competenza a decidere di quel ricorso si sarebbe dovuta più opportunamente radicare in capo al Tribunale che aveva dichiarato il fallimento, non solo in quanto competente, ex art 24. L.F., a conoscere di tutte le azioni che dallo stesso sono derivate, ma anche con riferimento all'azione revocatoria che il curatore si era ripromesso di proporre, sia in quanto gli autori degli atti interessati a quella azione risultavano risiedere nello stesso luogo ove la società fallita aveva avuto la propria sede, sia in quanto in quello stesso circondario gli atti denunciati erano stati compiuti e l'obbligazione risarcitoria si sarebbe dovuta eventualmente eseguire. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Il credito litigioso, che trovi fonte in un atto illecito o in un rapporto contrattuale contestato in separato giudizio, è idoneo a determinare l'insorgere della qualità di creditore abilitato all'esperimento dell'azione revocatoria ordinaria avverso l'atto dispositivo compiuto dal debitore, sicché il relativo giudizio non è soggetto a sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. in rapporto alla pendenza della controversia sul credito da accertare e per la cui conservazione è stata proposta domanda revocatoria, poiché tale accertamento non costituisce l'indispensabile antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, né può ipotizzarsi un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell'allegato credito litigioso, dichiari inefficace l'atto di disposizione e la sentenza negativa sull'esistenza del credito ( Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Nell'ambito dei giudizi di responsabilità promossi contro gli amministratori di società fallita, ai fini della risarcibilità del preteso danno, il curatore attore, oltre ad allegare l’inadempimento da parte degli stessi ai doveri cui erano tenuti in ragione del ruolo rivestito, deve anche allegare e provare, sia pure ricorrendo a presunzioni, l’esistenza di un danno concreto, cioè del depauperamento del patrimonio sociale, e la riconducibilità della lesione al fatto dell’amministratore inadempiente, quand’anche cessato dall’incarico, e deve altresì dimostrare l'entità del danno. Il ricorso a criteri equitativi di liquidazione è ammesso infatti solo ove , in ragione delle circostanze del caso concreto, l'attore abbia allegato un inadempimento dell'amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l'accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell'amministratore medesimo. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/24308.pdf
[Cfr in questa rivista il provvedimento reclamato: https://www.unijuris.it/node/5350 e, con riferimento alla prima massima, cfr. in questa rivista: Corte di Cassazione, sez. VI, 18 Giugno 2018, n. 15982 ttps://www.unijuris.it/node/4773; con riferimento all'ultima: Cassazione civile, Sez. Un., 6 maggio 2015, n. 9100 https://www.unijuris.it/node/2606].