Corte di Cassazione (11267/2020) – Presupposti per il riconoscimento dello stato di insolvenza di imprese bancarie che risultino ancora operative al momento dell’emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa.
Corte di Cassazione, Sez. I civ., 11 giugno 2020, n. 11267 – Pres. Antonio Didone, Rel. Alberto Pazzi.
Imprese bancarie operative - Provvedimento di liquidazione coatta amministrativa o di risoluzione – Emanazione – Stato di insolvenza - Applicabilità dell’art. 5 L.F. - Definizione nei medesimi termini previsti per le altre imprese.
Enti creditizi – Riconoscimento dello stato d’insolvenza - Atti provenienti dalla Banca d'Italia o dai commissari straordinari – Limiti probatori – Fondamento.
In assenza di un'autonoma definizione all'interno dell'art. 82 del D. Lgs. 385/1993, Testo Unico Bancario, dello stato d'insolvenza, la quale si riferisca a un'impresa bancaria di particolare natura ancora operativa al momento dell'emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa o di risoluzione ex art. 32 del D. Lgs. 180/2015, si deve ritenere che l'insolvenza bancaria vada definita nei medesimi termini previsti per le altre imprese dall'art. 5 L.F. e che debba considerarsi pertanto rilevante ai fini della relativa declaratoria la presenza di una situazione d'impotenza, strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni a seguito del venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie per l'espletamento dell’ attività imprenditoriale [nello specifico, la Corte ha condiviso la decisione del giudice di merito che, stante l'incapacità strutturale della banca a restituire le somme percepite dai depositanti, dovuta all'attuale mancanza di cassa e all'impossibilità di ripristinarla nell'immediato in ragione del deficit patrimoniale, ha ritenuto che fossero venute meno in maniera irrimediabile e irreversibile le condizioni economiche necessarie, secondo un criterio di normalità, all'esercizio dell'attività bancaria]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Nei giudizi instaurati per la dichiarazione dello stato d'insolvenza degli enti creditizi, gli atti provenienti dalla Banca d'Italia o dai commissari straordinari non hanno il valore di prova privilegiata ex art. 2700 c.c. in quanto non sono formati da pubblici ufficiali nell'esercizio di una funzione specificatamente diretta alla documentazione. Tuttavia tali atti, proprio in ragione della loro origine e delle finalità perseguite dai soggetti che li pongono in essere, costituiscono una legittima fonte di informazione, utile all'accertamento dei fatti di causa in senso stretto, che, ove non sia validamente contraddetta, ben può concorre alla formazione del convincimento del giudice, il quale è tenuto ad ammettere le prove che le altre parti deducano per contrastare le risultanze in questo modo acquisite, ma non ad acquisirne d'ufficio per controllare la loro rispondenza al vero. (Massima ufficiale)
http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/23852.pdf
[con riferimento alla prima massima, cfr. in questa rivista: Corte di Cassazione, Sez. I civ., 20 novembre 2018 n. 29913 https://www.unijuris.it/node/4501]