Corte di Cassazione (1069/2020) – Fallimento: situazione da cui desumere la sussistenza di uno stato d’insolvenza.
Versione stampabileCorte di Cassazione, Sez. VI, 20 gennaio 2020, n. 1069 – Pres. Andrea Scaldaferri, Est. Carla Caiazzo.
Fallimento – Sussistenza di uno stato d’insolvenza – Incapacità a soddisfare in condizioni normali le obbligazioni – Presupposto da cui desumerla - Presenza di attivo superiore al passivo – Circostanza non sufficiente ad escluderla.
La nozione di insolvenza dettata dall’art. 5 L.F. va intesa come uno stato di impotenza funzionale non transitoria dell’impresa a soddisfare in condizioni normali le proprie obbligazioni, come desumibile, tra le altre, dall’impossibilità di ricorrere al credito senza che questo comporti importanti decurtazioni del patrimonio e dall’incapacità di produrre una marginalità tale da permettere innanzitutto l’estinzione dei debiti, oltre che idonea a consentire di sostenere i costi d’impresa. Tale impotenza funzionale non può essere esclusa unicamente in presenza di attivo superiore al passivo in quanto non può ridursi ad un mero confronto tra attività e passività, ma deve consistere in una valutazione di carattere complessivo; in particolare, il computo delle passività non può limitarsi alle risultanze dello stato passivo ma deve comprendere anche i debiti che emergono dai bilanci e dalle scritture contabili qualora il giudice ne riconosca incidentalmente la ragionevole certezza ed entità; quanto all’attivo la presenza di cespiti non è da sola sufficiente ad escludere l’insolvenza in ragione del loro valore contabile o di mercato se questi non sono tempestivamente liquidabili ed utilizzabili per estinguere i debiti, in quanto altrimenti tali da far presupporre solo una capacità satisfattoria futura, oltretutto incerta sia nell’an che nel quantum. (Eleonora Toso – Riproduzione riservata)