Tribunale di Milano – Presupposti di esercizio da parte del fallimento delle azioni previste dagli artt. 64 e 67, secondo comma, L.F.

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Data di riferimento: 
30/05/2017

Tribunale di Milano, Sez. II civ., 30 maggio 2017 – Giudice unico Filippo D’Aquino.

Fallimento – Atto solutorio compiuto dal fallito nei due anni anteriori – Pagamento di debito altrui - Inefficacia nei confronti dei creditori ex art. 64 L.F. – Presupposto del riconoscimento della gratuità -  Solvens – Mancato conseguimento di un qualche vantaggio concreto.

Fallimento – Revocatoria fallimentare – Fatti costitutivi – Eventus damni – Esclusione –Pagamento effettuato in stato di insolvenza – Pregiudizio -  Presunzione assoluta – Interesse ad agire – Presupposto necessario – Legittimazione del convenuto ad eccepirne la mancanza – Negazione della legittimazione – Onere probatorio gravante sul curatore.  

Ai fini dell’applicabilità del disposto dell’art. 64 L.F., ossia affinché risultino privi di effetto rispetto ai creditori gli atti a titolo gratuito compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla data del fallimento, l’atto solutorio, con il quale il soggetto poi fallito abbia estinto un’obbligazione preesistente cui risultava estraneo, può considerarsi gratuito solo quando dall’operazione lo stesso non tragga alcun concreto vantaggio patrimoniale, avendo inteso solo recare un vantaggio al debitore; viceversa la causa concreta deve considerarsi onerosa tutte le volte che il soggetto poi fallito riceva un vantaggio per quella sua prestazione dal debitore, dal creditore o anche da altri, così da recuperare anche indirettamente la prestazione adempiuta ed elidere il pregiudizio subito, cui l’ordinamento pone rimedio con l’inefficacia ex lege [nello specifico, il tribunale ha deciso nel senso dell’onerosità e non della gratuità dell’atto solutorio posto anteriormente in essere dalla fallita, in quanto è risultato sussistere un interesse specifico della medesima al pagamento, stante l’esistenza di un cost sharing agreement stipulato tra alcune società partecipate, tra cui la fallita, e una società capogruppo, che, di regola, anticipava il costo dei servizi che i terzi, su suo incarico, svolgevano a favore delle controllate, costi che venivano alla stessa fatturati e dalla stessa momentaneamente saldati, salvo poi recuperarli trimestralmente dalle singole società, ed in quanto è, però, altresì risultato che, nella particolare occasione, la capogruppo aveva viceversa richiesto alla partecipata, di procedere direttamente al pagamento della fattura emessa nei suoi confronti da una società terza creditrice, in quanto relativa a prestazioni svolte da questa esclusivamente a vantaggio della partecipata stessa]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

Seppure la revocatoria fallimentare, di cui all’art. 67 L.F., non contempli (a differenza della revocatoria ordinaria) tra i fatti costitutivi della domanda il pregiudizio per i creditori, risultando in tale ipotesi, laddove un pagamento sia stato effettuato a favore di un creditore dal soggetto poi fallito, già all’epoca in stato di insolvenza, l’eventus danni presunto, si deve ritenere che il convenuto in revocatoria possa, ciononostante, contestare  la sussistenza, per difetto di dannosità  per la massa dei creditori, di un interesse ad agire da parte del fallimento attore, e per esso del curatore, in quanto tale legittimazione può essergli negata solo qualora, ove emerga la sussistenza di un progetto di ripartizione astrattamente idoneo ex art. 70, secondo comma, L.F. a soddisfarlo, il curatore dimostri la sussistenza di altri creditori poziori, che si siano insinuati al passivo prima della conclusione del giudizio di revocatoria fallimentare, che potrebbero beneficiare di una ripartizione di attivo ulteriore conseguente alla ripetizione di quel pagamento. Pertanto, ove non vi sia questa prova, il convenuto in revocatoria può legittimamente contestare l’interesse ad agire del curatore, stante che lo stesso deve sussistere già al momento della decisione [nello specifico, l’avvenuto deposito del progetto di ripartizione del fallimento nel quale si era proceduto a soddisfare persino creditori postergati rispetto ai convenuti in revocatoria, rendeva, ad avviso del tribunale,  privo di interesse il fallimento attore, che non aveva dimostrato l’avvenuta  ammissione al passivo di ulteriori  creditori poziori, dal proseguire nell’azione revocatoria, perché appariva evidente che i beneficiari dell’azione sarebbero stati gli stessi convenuti in revocatoria]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

 http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/17998.pdf

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[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]
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