Corte di Cassazione (18190/2012) – Non vi è (automatica) prevalenza tra la procedura di concordato preventivo e quella di fallimento.
Cassazione civile, sez. I, 24 ottobre 2012, n. 18190 – Pres. dott. Fioretti, rel. dott.ssa Cultrera
Concordato preventivo – Fallimento – Abuso.
Concordato preventivo – Fallimento – Criterio di prevalenza – Insussistenza – Coordinamento tra le procedure.
Dal momento che la possibilità accordata al debitore di proporre al giudice una procedura concorsuale alternativa al suo fallimento non rappresenta un fatto impeditivo alla pronuncia di fallimento nè tanto meno costitutivo del relativo procedimento, ma mera esplicazione del diritto di difesa del debitore che comunque non gli consente di "disporre unilateralmente e potestativamente dei tempi del procedimento fallimentare", in presenza di una domanda di concordato che s'innesta nella fase prefallimentare già attivata, il giudice fallimentare, che nè la può sospendere nè deve dichiarare improcedibile l'istanza di fallimento del creditore, è tenuto a bilanciare le opposte iniziative, coordinando quella del debitore con gli interessi sottostanti la procedura fallimentare. In questa chiave è suo compito verificare in concreto, in relazione alle peculiarità del caso concreto, il rapporto di priorità tra le procedure previo l'indefettibile apprezzamento circa l'intento sottostante la soluzione pattizia che deve essere esclusa laddove, esprimendo un proposito meramente dilatorio, manifesti un abuso di diritto del debitore, anche alla luce dell'affrancamento di quest'ultimo dal requisito della meritevolezza. (Giulia Gabassi – Riproduzione riservata)
Il nesso d'indubbia consequenzialità logica tra la procedura di concordato e quella più radicale che sfocia nel fallimento non si traduce nella consequenzialità procedimentale, intesa nel senso che intanto potrebbe darsi corso alla fase prefallimentare in quanto si sia esaurita la procedura alternativa, siccome concreterebbe un caso di sospensione estraneo alla previsione del codice di rito che ne riduce l'ambito d'applicazione alle ipotesi di cui sopra si è detto, nè può ammetterne una indiretta espansione ostandovi il principio costituzionale della ragionevole durata del processo ai sensi dell'art. 111 Cost.; che il nesso anzidetto non concreta nè la necessità di duplice statuizione (cfr. Cass. n. 12986/2009), considerato che la sentenza di fallimento assorbe il decreto sul concordato, non soggetto al reclamo secondo il disposto dell'art. 162 legge fall., che colpisce la sentenza di fallimento (cfr. Cass. S.U. n. 9743/2008, n. 3586/2011), nè la consequenzialità provvedimentale intesa nel senso che, conclusasi la fase prefallimentare, la sentenza di fallimento debba necessariamente rendere conto del giudizio espresso sulla proposta di concordato se già vi sia stata l'iniziativa di parte. Il nesso anzidetto si risolve piuttosto in un'esigenza di coordinamento che il giudice fallimentare è tenuto a risolvere a seconda dei casi, dando precedenza all'una ovvero all'altra procedura, purché nel rispetto indefettibile delle garanzie di difesa, del debitore rispetto alle istanze di fallimento, e degli stessi creditori rispetto alla domanda di concordato, e dell'esigenza che il tessuto motivazionale della sentenza che dichiara il fallimento renda conto della sussistenza dei presupposti oggettivo e soggettivo che la legittimano ai sensi della L. Fall., artt. 1 e 5. (Giulia Gabassi – Riproduzione riservata)
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Cassazione civile 24 ottobre 2012 n. 18190.pdf | 148.53 KB |