Corte di Cassazione (15407/2020) – Fallimento del datore di lavoro e cessazione dell'attività aziendale: assenza del diritto alla retribuzione del dipendente dal fallimento allo scioglimento del contratto.
Corte di Cassazione, Sez. IV – Lavoro, 20 luglio 2020, n. 15407 – Pres. Umberto Berrino, Rel. Adriano Piergiovanni Patti.
Fallimento del datore di lavoro - Cessazione dell'attività aziendale – Sospensione del rapporto di lavoro – Obblighi previdenziali e retributivi - Inconfigurabilità – Assenza della prestazione lavorativa - Natura sinallagmatica del contratto - TFR - Spettanza – Fondamento – Protrarsi del rapporto di lavoro fino a scioglimento da parte del curatore.
In caso di fallimento del datore di lavoro, ove vi sia cessazione dell'attività aziendale, il rapporto di lavoro entra in una fase di sospensione, in quanto il diritto alla retribuzione - salvo il caso di licenziamento dichiarato illegittimo - non sorge in ragione dell'esistenza e del protrarsi del rapporto ma presuppone, per la natura sinallagmatica del contratto, la corrispettività delle prestazioni. Ne consegue che, non essendovi, per effetto della dichiarazione di fallimento e fino alla data della dichiarazione del curatore, ai sensi dell'art. 72, comma 2, I. fall., un obbligo retributivo per l'assenza di prestazione lavorativa, non è configurabile un credito contributivo previdenziale, principio valido anche per la domanda concernente il credito per le retribuzioni e le voci successive alla dichiarazione di fallimento, ma non per quello relativo al TFR, che matura nell'arco di durata del rapporto di lavoro. (Massima ufficiale)
http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/24926.pdf
[cfr. in questa rivista: Cassazione civile, Sez. Lavoro, 14 maggio 2012 n. 7473 https://www.unijuris.it/node/1903]