Corte di Cassazione (11347/2020) – Concordato preventivo: termine per proporre il reclamo ex art. 183 L.F. e non omologabilità di una proposta che preveda una scissione societaria che violi le norme sulla responsabilità del proponente.
Corte di Cassazione, Sez. I civ., 12 giugno 2020, n. 11347 – Pres. Antonio Didone, Rel. Aldo Angelo Dolmetta.
Concordato preventivo – Omologazione – Reclamo – Termine per la proposizione – Applicazione analogica della previsione di cui all’art. 18 L.F. - Giorni trenta – Fondamento.
Concordato preventivo – Proposta - Scissione societaria – Esonero dalla responsabilità patrimoniale del debitore – Previsione - Violazione di norme imperative – Artt. 2740 e 2506 quater c.c. – Omologabilità – Esclusione.
Concordato preventivo – Proposta - Scissione societaria – Creditore - Mancata opposizione – Omologazione - Preclusione della possibilità di proporre reclamo – Esclusione – Motivo – Opposizione alla scissione - Rimedio solo aggiuntivo.
In assenza della specifica precisazione da parte dell’art. 183 L.F. di un termine per la proposizione innanzi alla corte d’appello del reclamo avverso il decreto del tribunale che decide dell’omologazione o meno di una proposta di concordato preventivo, si deve ritenere, stante che ai sensi del secondo comma può essere col reclamo contestualmente impugnata anche la sentenza dichiarativa di fallimento che lo stesso tribunale abbia pronunciato ai sensi dell’art. 180, settimo comma, L.F., che detto termine vada, in analogia col disposto dell’art. 18 L.F., fissato in trenta giorni, dovendosi escludere che possa essere fissato un termine diverso, e più breve, nel caso in cui contestualmente al provvedimento relativo all'omologazione non risulti pronunciata una separata sentenza di fallimento. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
La clausola contenuta in una proposta di concordato preventivo che preveda un esonero da responsabilità del debitore deve considerarsi nulla per contrasto con la norma imperativa di cui all’art. 2740 c.c., in particolare col suo secondo comma che stabilisce che le limitazioni della responsabilità - e a maggior ragione l'esclusione della stessa - "non sono ammesse se non nei casi previsti dalla legge", con la conseguenza che l’intera proposta deve ritenersi non fattibile da un punto di vista giuridico, e pertanto non omologabile [nello specifico la proposta prevedeva la scissione dell’impresa del debitore ed in deroga al disposto dell’art. 2506 quater c.c. una sorta di "effetto purgativo" a favore dello stesso, che, laddove il concordato fosse stato omologato, avrebbe potuto beneficiare dell’esdebitazione e nel contempo conservare, trattandosi di concordato c.d. ”misto” la gestione dell’impresa, nonché, come da previsione, di parte dei proventi ritraibili dal relativo esercizio, come pure mantenere la disponibilità dei beni non trasferiti alla società scissionaria, senza essersi liberato, quale responsabile solidale, di tutti i debiti preesistenti di cui avrebbe dovuto farsi carico]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Lo strumento dell'opposizione dei creditori alla scissione (ovvero pure alla fusione) si configura, nel sistema vigente, come rimedio aggiuntivo - non già preclusivo - degli altri e diversi rimedi che l'ordinamento viene a porre a tutela dei soggetti interessati all’operazione che possono, pertanto, pur non essendosi opposti alla scissione prevista dalla proposta di concordato, comunque sporgere reclamo avverso la sua omologazione. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata).
http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/23785#gsc.tab=0
[con riferimento alla prima massima, cfr. in questa rivista: Corte di Cassazione, sez. I, 19 marzo 2012, n. 4304 https://www.unijuris.it/node/2074]