Corte di Cassazione (7121/2020) – Reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento e irrilevanza della mancata costituzione in giudizio di una delle parti. Condanna alle spese dell’amministratore della fallita.
Corte di Cassazione, Sez. I civ., 12 marzo 2020, n. 7121 – Pres. Antonio Didone, Rel. Roberto Amatore.
Fallimento – Reclamo – Parte reclamata - Irrituale costituzione o mancata comparizione in udienza – Irrilevanza – Non manifestazione di disinteresse alla decisione – Dovere del giudice di decidere.
Sentenza dichiarativa di fallimento - Giudizio di reclamo - Fatti esistenti al momento della decisione – Sole circostanze che rilevano – Fatti sopravvenuti – Desistenza del creditore istante, in particolare – Irrilevanza.
Sentenza dichiarativa di fallimento - Giudizio di reclamo – Proposizione da parte della società fallita – Rigetto – Amministratore – Svolgimento di attività processuale - Condanna alle spese – Ammissibilità – Presupposto richiesto – Ricorrenza di gravi motivi – Giudice del merito - Riscontro da effettuarsi.
In tema di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, in caso di irrituale costituzione o di mancata comparizione in udienza del reclamato, il giudice, verificata la regolarità del contraddittorio, deve decidere il reclamo nel merito, non potendosi far discendere dalle predette circostanze il disinteresse processuale della parte a coltivare la domanda di fallimento. (Nella specie, la S.C. ha escluso che la mancata costituzione del P.G. presso la Corte d'appello comportasse la rinuncia all'istanza di fallimento). (Massima ufficiale)
Nel giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento hanno rilievo esclusivamente i fatti esistenti al momento della sua decisione, e non quelli sopravvenuti, perché la pronuncia di revoca del fallimento, cui il reclamo tende, presuppone l'acquisizione della prova che non sussistevano i presupposti per l'apertura della procedura alla stregua della situazione di fatto esistente al momento in cui essa venne aperta; ne discende che la rinuncia all'azione o desistenza del creditore istante, che sia intervenuta dopo la dichiarazione di fallimento, è irrilevante perché al momento della decisione del tribunale sussisteva ancora la sua legittimazione all'azione. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
L'art. 94 c.p.c., il quale contempla la possibili condanna ex officio alle spese nei confronti dell'avversario vincitore, a prescindere perciò anche da un’esplicita richiesta in tal senso da parte di questi, eventualmente in solido con la parte soccombente, del soggetto che la rappresenti [e, quindi, come nella specie, anche dell'amministratore di una società dichiarata fallita che abbia proposto reclamo ex art. 18 L.F.], si giustifica con il fatto che il predetto, pur non assumendo la veste di parte nel processo, esplica pur tuttavia, anche se in nome altrui, un'attività processuale in maniera autonoma, conseguendone l'operatività del principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c.; tale condanna postula la ricorrenza di gravi motivi, da identificarsi in modo specifico dal giudice, per la loro concreta esistenza, nella trasgressione del dovere di lealtà e probità di cui all'art. 88 c.p.c. ovvero nella mancanza della normale prudenza che caratterizza la responsabilità processuale aggravata di cui all'art. 96 c.p.c., comma 2. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/23809#gsc.tab=0
[con riferimento alla prima massima e all’analogo procedimento di reclamo avverso il decreto emesso dal tribunale in sede di omologa di un concordato preventivo ex art. 183 L.F. e di mancata costituzione della reclamante, cfr. in questa rivista: Cassazione civile, sez. I, 03 ottobre 2019, n. 24797 https://www.unijuris.it/node/5124, decisione da ritenersi in questo caso, ad avviso della Corte, ancora più fondata trattandosi della mancata costituzione della reclamata; con riferimento alla seconda: Cassazione civile, sez. I, 28 Giugno 2017, n. 16180 https://www.unijuris.it/node/3647]