Corte Costituzionale (85/2020) - Legittimità costituzionale dell’art. 186 bis, comma 6, L.F.: esclusione dalle procedure di affidamento di contratti pubblici dell’impresa mandataria di un RTI sottoposta a concordato preventivo con continuità aziendale.
Corte Costituzionale, 07 maggio 2020, n. 85 – Pres. Marta Cartabia, Rel. Daria de Pretis.
Concordato con continuità aziendale - Art. 186 bis, sesto comma. L.F. – Partecipazione della debitrice alla procedura di aggiudicazione di contratti pubblici – Impresa mandataria di un RTI – Inammissibilità – Questioni di legittimità costituzionale della norma – Inammissibilità o infondatezza.
Sono inammissibili, in riferimento agli artt. 3, 41 e 117, secondo comma, lettera a) Cost., le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 186 bis, quinto comma, L. F., ed, in riferimento all’art. 117 Cost., quelle dell’art. 186 bis, sesto comma, L.F. e dell’art. 38, comma 1, lettera a), del D. Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), come sollevate dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ed infondate, in riferimento ai principi di ragionevolezza ed uguaglianza, le questioni di legittimità relative in particolare all’art. 186 bis, sesto comma, L.F., anche in combinato disposto con l’art. 38, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 163 del 2006, nella parte in cui esclude dalla partecipazione alla procedura per l’aggiudicazione di contratti pubblici relativi a lavori, servizi o forniture, l’impresa sottoposta a concordato preventivo con continuità aziendale che rivesta la qualità di mandataria di un RTI, ossia di un raggruppamento temporaneo di imprese, come sollevate dallo stesso TAR, in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost., e dal Consiglio di Stato, sezione quinta, in riferimento all’art. 117 Cost. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
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[La Corte ha sottolineato al riguardo che nemmeno la sopravvenuta disciplina della materia, evocata dal giudice a quo, deporrebbe in senso favorevole all’accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale innanzi a sé sollevate. L’impianto normativo contestato risulterebbe infatti confermato dai più recenti sviluppi della stessa disciplina, visto che il decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155), modificando l’art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, che prevedeva, fermo quanto previsto in particolare dall’art. 186 bis L.F., l’esclusione dalle procedure d’appalto gli operatori sottoposti a fallimento, a liquidazione coatta o a concordato preventivo, ne avrebbe attuato il coordinamento, mancante nel testo anteriore, con le disposizioni della legge fallimentare. La nuova formulazione della lettera b) del comma 5, infatti, nel ribadire che l’operatore economico in stato di concordato preventivo, o nei cui confronti sia in corso un procedimento per la dichiarazione di tale situazione, è escluso dalla partecipazione alle procedure d’appalto, mantiene fermo «quanto previsto dall’articolo 95 del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza adottato in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della legge 19 ottobre 2017, n. 155». Il richiamato art. 95 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, a sua volta, stabilisce che «l’impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria e sempre che nessuna delle altre imprese aderenti al raggruppamento sia assoggettata ad una procedura concorsuale», così ribadendo la causa di esclusione già prevista al censurato art. 186 bis, sesto comma, della legge fallimentare].