Tribunale di Brescia – Concordato preventivo liquidatorio: presupposto richiesto per la sua risoluzione e decorrenza del termine di un anno per la proposizione del ricorso ex art. 186, terzo comma, L.F.
Tribunale Ordinario di Brescia, Sez. Fallimentare, 16 marzo 2020 – Pres. Simonetta Bruno, Rel. Alessandro Pernigotto, Giud. Gianluigi Canali.
Concordato liquidatorio – Istanza di risoluzione – Proposizione del ricorso – Termine di un anno - Decorrenza dall’ultimo “adempimento” previsto – Non tassatività dello stesso - Motivo principale.
Concordato liquidatorio – Omologazione - Fase dell’esecuzione – Somme ricavabili dalla liquidazione dell’attivo – Insufficienza – Ragionevole previsione - Parziale soddisfazione dei creditori privilegiati e totale insoddisfazione dei chirografari – Concordato venuto meno alla sua funzione – Risoluzione.
L’art. 186, terzo comma, L.F., che dispone che il ricorso per la risoluzione per inadempimento di un concordato preventivo deve essere proposto entro un anno della scadenza termine fissato per l’ultimo “adempimento” previsto, va interpretato nel senso della non tassatività dello stesso, specie in un’ipotesi di concordato liquidatorio, laddove i termini di adempimento del piano non possono che qualificarsi come “mere prospettazioni”, non potendosi certo trascurare che tali termini dovranno necessariamente confrontarsi con l’andamento dei mercati, delle vendite e dunque con elementi esogeni ed incontrollabili ex ante; ne discende che ove non risultino non conclusi gli adempimenti previsti dal piano, non può dirsi iniziato il decorso del termine annuale di cui alla norma suindicata. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Anche nei confronti delle procedure concorsuali aperte successivamente al primo gennaio 2018, data da cui decorrono le modifiche intervenute con il d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, introduttivo del requisito dell'importanza dell'inadempimento, può affermarsi, in base ad un principio già precedentemente affermato, che un concordato liquidatorio risulti venuto meno alla sua funzione e sia, pertanto, passibile di “risoluzione” allorché le somme ricavabili dalla liquidazione dell’attivo concordatario appaiano insufficienti, in base ad una ragionevole previsione, a soddisfare, anche in minima parte, i creditori chirografari ed, integralmente, i creditori privilegiati. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)