Corte d'Appello di Torino – Prodursi degli effetti della procedura concordataria sin dal deposito del ricorso, anche se prenotativo. Risorse da considerarsi nuova finanza nel concordato con continuità aziendale.
Corte d'Appello di Torino, 31 agosto 2018 – Giudice Gian Paolo Macagno.
Concordato con riserva – Deposito del ricorso – Prodursi degli effetti tipici della procedura - Deposito del piano – Elemento costitutivo non rilevante per decidere della normativa applicabile.
Concordato preventivo – Finanza esterna o nuova finanza - Libera distribuzione – Soddisfacimento dei creditori chirografari – Ammissibilità a prescindere dalla soddisfazione delle passività privilegiate – Non alterazione delle cause legittime di prelazione.
Concordato con continuità aziendale – Risorse da considerarsi nuova finanza – Flussi generati dalla continuità – Esclusione.
Il procedimento concordatario deve ritenersi che risulti già introdotto con la presentazione del ricorso di cui al primo e sesto comma dell’art. 161 L.F., con la conseguenza che anche il deposito della domanda di concordato “con riserva” determina di per sé, immediatamente ed a prescindere dal deposito del piano, tutta una serie di effetti tipici della procedura concordataria: non può infatti negarsi che la mera presentazione del ricorso introduca una procedura di concordato, fattispecie a formazione progressiva in cui il deposito del piano rappresenta solo uno degli elementi costitutivi [nello specifico la Corte territoriale ha, pertanto, ritenuto che non risultasse applicabile con riferimento ad una domanda di concordato con riserva, depositata anteriormente al 1 gennaio 2017, la disciplina di cui all'art. 182 ter L.F. come novellato dalla L. 11 dicembre 2016, n. 232 e in vigore per le procedure di concordato pendenti a quella data e ciò anche se la presentazione della proposta e del piano aveva poi avuto luogo in data successiva]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Con riguardo ai privilegi di natura generale, la prospettazione di un certo soddisfacimento anche per i creditori chirografari, nonostante l’insufficienza dell’attivo a estinguere le passività privilegiate ad essi anteposte, è ammissibile esclusivamente nel caso della previsione di apporti alla esecuzione del concordato provenienti dall’esterno del patrimonio dell’imprenditore: la c.d. “finanza esterna” o “nuova finanza” deve infatti ritenersi liberamente distribuibile e non soggetta al principio affermato dall’ultima parte del secondo comma dell’art. 160 L.F. che consente che la proposta di concordato preventivo possa prevedere che i creditori muniti di diritto di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, solo a condizione che il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, come da attestazione giurata del professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lettera d) e che il trattamento stabilito per ciascuna classe non alteri l'ordine delle cause legittime di prelazione. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Al fine di consentire una deroga al principio del rispetto delle cause legittime di prelazione, non possono considerarsi "nuova finanza" nel caso del concordato con continuità aziendale i flussi generati dalla continuità in quanto possono considerarsi tali solo le risorse finanziarie esterne che vengono apportate al debitore senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione postergato alla soddisfazione dei creditori. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
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