Corte di Cassazione (29913/2018) - Fallimento: presupposti per il riconoscimento dello stato d'insolvenza da parte dei giudici del merito. Limiti della proponibilità del ricorso in Cassazione.
Corte di Cassazione, Sez. I civ., 20 novembre 2018 n. 29913 – Giudice Francesco Terrusi.
Fallimento – Stato di insolvenza – Verifica della sussistenza – Presupposti da cui evincerla – Circostanze non rilevanti – Decisione della Corte d'Appello – Ricorso in Cassazione – Limiti.
Non sono suscettibili di riesame in Cassazione, se non eventualmente sotto il profilo [nello specifico non tradotto in esplicita censura] dell'adeguatezza della motivazione, le valutazioni cui la Corte d'Appello, in sede di reclamo avverso la dichiarazione di fallimento, sia pervenuta per decidere dello stato di insolvenza, laddove tali giudizi trovino il loro fondamento sull'entità complessiva del passivo, la dinamica del suo incremento negli anni e la sufficienza o l'insufficienza dei mezzi a disposizione per estinguere con regolarità e in modo normale le obbligazioni. Ciò in quanto la circostanza che rileva al fine del riscontro dell'insolvenza è proprio il sussistere di uno stato di impotenza funzionale duratura, e pertanto non meramente transitoria, a soddisfare le obbligazioni inerenti lo svolgimento dell'attività d'impresa, che si esprime nell'incapacità di produrre beni con margine di redditività da destinare alla copertura delle relative esigenze, prima fra tutte l'estinzione dei debiti, ed in quanto non costituiscono motivi sufficienti per escludere lo stato d'insolvenza, nè la prevalenza dell'attivo rispetto al passivo, né l'assenza di conclamati inadempimenti, nè la circostanza che la fallita continui a godere di credito presso le banche, nè che non sia imputabile alla stessa la causa del dissesto. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Lo stato d'insolvenza dell'imprenditore commerciale quale presupposto per la dichiarazione di fallimento, si realizza in presenza di una situazione d'impotenza strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni a seguito del venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie alla relativa attività. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, muovendo dal raffronto fra attivo e passivo, aveva riconosciuto nell'eccedenza di quest'ultimo rispetto al primo un "fatto esteriore" sintomatico dell'incapacità non transitoria dell'imprenditore a soddisfare le proprie obbligazioni). (massima ufficiale)
http://mobile.ilcaso.it/sentenze/legittimita/21103/CrisiImpresa