Corte di Cassazione (9976/17) – Concordato con continuità respinto per inesistenza dell’attestazione del professionista. Reclamo proposto avverso la dichiarazione di fallimento: natura devolutiva e proposizione possibile di nuove difese.
Corte di Cassazione, Sez. I civ., 20 aprile 2017 n. 9976 - Pres. Antonio Didone, Rel. Cristiano Magda.
Concordato con continuità – Relazione del professionista – Funzionalità e sostenibilità della procedura – Indicazioni necessarie – Omissione - Inesistenza sostanziale della attestazione – Inammissibilità del piano.
Dichiarazione di fallimento – Reclamo – Fallimento – Proposizione di nuove difese – Questioni non esaminate dal primo giudice – Ammissibilità – Preclusione da giudicato interno – Esclusione.
Dichiarazione di fallimento – Giudizio di reclamo – Natura pienamente devolutiva –Cognizione non circoscritta ai motivi dell’impugnazione – Questioni controverse riproposte – Esame consentito - Consecuzione procedure – Precedente concordato preventivo revocato – Presupposti di ammissibilità - Riesame
In ipotesi di concordato con continuità, si deve considerare come sostanzialmente inesistente, seppure materialmente presente, l’attestazione nel cui contesto il professionista ometta di asseverare, come richiesto dall’art. 186 bis, secondo comma, lettera b), L.F. ai fini dell’ammissibilità del piano, che la prosecuzione dell’attività d’impresa dallo stesso prevista è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori e che risulta, tenuto conto dei costi e dei ricavi attesi e delle risorse finanziarie necessarie, altresì, sostenibile. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Si deve ritenere che, in sede di reclamo ex art. 18 L.F. proposto dalla società dichiarata fallita avverso il decreto del tribunale, non sia precluso al fallimento di illustrare nuove difese volte a paralizzare l’avversa pretesa per ragioni di fatto o di diritto diverse da quelle poste a fondamento della sentenza, in quanto il giudicato interno non può formarsi su questioni non esaminate dal primo giudice, a meno che le stesse non riguardino accertamenti logicamente preliminari ed indispensabili ai fini della di lui decisione che, in quanto tali, costituiscano premesse indefettibili della contestata pronuncia. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Il giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento non incontra i limiti previsti dagli artt. 342 e 345 c.p.c. ma ha natura pienamente devolutiva di tutte le questioni controverse che siano state riproposte. Ne consegue che, qualora il fallimento sia stato (come nello specifico) dichiarato a seguito della revoca dell’ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo ed il reclamante impugni la statuizione di revoca, la cognizione del giudice ad quem non resta circoscritta alle specifiche censure che formano oggetto dei motivi di impugnazione, ma si estende alla verifica della ricorrenza di tutti i presupposti di ammissibilità della proposta ancora in contestazione tra le parti, tenendo conto anche dei fatti non allegati, non rilevati o ritenuti dal giudice assorbiti in primo grado. (Pierluigi Ferrini – riproduzione riservata)
http://www.fallimentiesocieta.it/sites/default/files/Cass.%20Civ.%209976.2017.pdf