Corte di Cassazione (19308/2016) – Fallimento e prosecuzione dei contratti di lavoro subordinato: decisione rimessa al curatore. Rispetto della doppia competenza esclusiva del tribunale del lavoro e fallimentare: ipotesi possibili.

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Data di riferimento: 
29/09/2016

Corte di Cassazione, Sez. IV lavoro, 29 settembre 2016 n. 19308 - Pres. Vittorio Nobile, Rel. Federico De Gregorio.

Fallimento del datore di lavoro – Liquidazione coatta amministrativa dell’azienda – Risoluzione del contratto di lavoro - Automatismo – Esclusione - Decisione demandata al curatore.

Fallimento – Controversie di lavoro - Doppia competenza esclusiva – Questioni possibili - Riconoscimento di un credito di lavoro – Art. 24 L.F. - Competenza del tribunale fallimentare – Esistenza e cessazione del rapporto di lavoro  – Art. 409 c.p.c. - Competenza del tribunale del lavoro.

Tribunale del lavoro – Lavoratore – Impugnazione del licenziamento e richiesta di riassunzione – Istanza di contestuale condanna generica al risarcimento dei danni  - Scorporo della domanda – Necessità della verifica in sede fallimentare – Appesantimento della durata del processo – Inutilità – Esclusione. 

Tribunale del lavoro – Lavoratore – Domande di accertamento – Contestuale domanda di pagamento di somme di denaro - Temporanea improcedibilità o improseguibilità – Accertamento del passivo - Necessaria conclusione della fase amministrativa – Possibile impugnazione in sede  fallimentare.

La disposizione dell’art. 2119 c.c., che stabilisce che non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto di lavoro subordinato il fallimento dell’imprenditore (o la liquidazione coatta amministrativa dell’azienda), si deve ritenere riferita ad entrambe le parti del rapporto di lavoro. Spetta perciò al curatore, sotto la vigilanza degli organi fallimentari, stabilire, secondo le circostanze, se sia conveniente procedere o meno al licenziamento dei lavoratori.  (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

L’eliminazione, in sede di nuova formulazione dell’art. 24 L.F., ad opera del D. Lgs. 5/2006, della previsione nella competenza funzionale del tribunale fallimentare delle controversie di lavoro va obbligatoriamente intesa come riconoscimento della validità dell’orientamento giurisprudenziale sorto sotto la vigenza del vecchio testo dell’articolo 24, che considerava proponibili, nelle forme dell’accertamento del passivo, le domande dei lavoratori volte al riconoscimento di un credito nei confronti del datore di lavoro fallito, mentre considerava come rientranti nella competenza prevista dall’art. 409 c.p.c. tutte le altre azioni spettanti ai lavoratori  (in particolare quelle  dirette ad ottenere una pronuncia costitutiva di impugnazione del licenziamento ante fallimento avvenuto senza giusta causa, di reintegro nel posto di lavoro e di  conseguente riconoscimento ex art. 18 dello statuto dei lavoratori del diritto ad un risarcimento) laddove non ancora prodromiche ad una domanda di condanna. Il rispetto della doppia competenza esclusiva (quella del giudice del lavoro per le relative controversie e quella del tribunale fallimentare per l'accertamento dei crediti che vogliono insinuarsi al passivo) comporta che devono tuttora considerarsi di competenza del giudice del lavoro le questioni relative alla esistenza del rapporto di lavoro o alla legittimità degli atti che ne hanno causato la cessazione e che devono, invece, esaminarsi nella sede endofallimentare le questioni relative alla quantificazione dei credito. (Pierlugi Ferrini – Riproduzione riservata)

La domanda del lavoratore, formulata in sede di impugnazione del licenziamento innanzi al giudice del lavoro, intesa ad ottenere una condanna generica al risarcimento dei danni mediante pagamento di una indennità commisurata alla retribuzione globale allo stesso spettante dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione sul posto di lavoro, non comporta alcun necessario accertamento sul quantum, né, pertanto, impone lo scorporo della domanda per la sua preventiva verifica in sede fallimentare a tutela degli altri creditori, risultando inutile, sul piano della “ratio legis”, appesantire ingiustificatamente la durata del  relativo processo. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

La domanda del lavoratore diretta al pagamento di somme di denaro,  se accompagnata da domande di accertamento aventi funzione strumentale, comporta, in luogo della vis attractiva del foro fallimentare, la regola della temporanea improcedibilità o improseguibilità della domanda innanzi al giudice del lavoro sino alla conclusione della fase amministrativa di accertamento dello stato passivo avanti ai competenti organi della procedura concorsuale, ferma restando l’assoggettabilità del provvedimento attinente allo stato passivo ad opposizione o  impugnazione avanti al tribunale fallimentare. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/16389.pdf

Uffici Giudiziari: 
[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]
Articoli di riferimento nella legge fallimentare
Vedi anche nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: