Corte di Cassazione – Dichiarazione di fallimento della società e contestualmente in estensione dei suoi soci di fatto, palesi o occulti. Cognizione devoluta alla Corte d’Appello in sede di reclamo.
Corte di Cassazione, Sez. VI civ., 05 novembre 2015 n. 22594 - Pres. Ragonesi, Est. Cristiano.
Fallimento – Società con soci a responsabilità illimitata – Art 147, primo comma, L.F. - Tenore letterale – Soci irregolari - Fallimento in estensione – Possibile pronuncia contestuale a quello della società – Art. 147 quarto comma – Soci regolari - Partecipazione sfuggita o venuta meno - Possibile pronuncia successiva.
Fallimento in estensione - Soci illimitatamente responsabili - Reclamo, ex art. 18 L.F. - Corte d’Appello – Devoluzione dell’intera questione – Diversa qualificazione giuridica - Vizio di pronuncia ultra petita – Esclusione.
Alla luce del tenore letterale dell’art. 147 L.F., non si può ritenere che il primo comma di detta disposizione disciplini unicamente il fallimento dei soci regolari di una società di persone, il cui nominativo compaia nella ragione sociale e che risultino tali in base all’atto costitutivo o ad altro scritto comprovante l’acquisto della loro partecipazione, e che, viceversa, il quarto comma disciplini unicamente quello dei soci irregolari. Nulla impedisce pertanto che i soci irregolari (ovvero i soci di fatto, palesi od occulti) di una società in nome collettivo regolare possano, a seguito di apposita istanza di estensione da parte di uno degli altri soci o anche in mancanza di questa, essere dichiarati falliti ai sensi del primo comma dell’art. 147 L.F. nel caso che l’ accertamento della loro partecipazione emerga nel corso della dichiarazione di fallimento della società, così come nulla vieta che i soci regolari, la cui partecipazione sia sfuggita o sia venuta meno in epoca antecedente al fallimento della società possano essere dichiarati falliti ai sensi del quarto comma. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Il reclamo, ex art 18 L.F., avverso il fallimento ex art. 147 L.F. dei soci illimitatamente responsabili di una società dichiarata fallita si deve ritenere che devolva alla corte d’appello la cognizione sull’intera questione di fatto rilevante nel giudizio e che, pertanto, debba escludersi che possa ravvisarsi violazione dell’art. 112 c.p.c. qualora la corte del merito si limiti a dare una diversa qualificazione giuridica ai fatti considerati dal primo giudice, correggendone la motivazione unicamente in diritto (nello specifico la Corte di Cassazione ha ritenuto che non potesse ravvisarsi un vizio di pronuncia ultra petita nell’avere il giudice di secondo grado rilevato che l’acquisto della qualità, confermata, di soci illimitatamente responsabili era avvenuto per ragioni diverse da quelle affermate dal primo giudice e specificatamente contestate dai reclamanti, ossia non in quanto soci occulti ma quali soci palesi). (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/13657.pdf