Tribunale di Roma – Fallimento di S.r.l.: azione di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale esercitata dal curatore nei confronti degli amministratori e dei soci che si sono intromessi nella gestione. Ipotesi di bancarotta.

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Data di riferimento: 
01/06/2016

 

Tribunale di Roma, Sez. Spec. Impresa, 01 giugno 2016 - Pres. Mannino, Rel. Romano.

 

Fallimento di una S.r.l. – Amministratori – Responsabilità nei confronti della società e dei creditori sociali – Istanze  risarcitorie - Azione  esercitata dal curatore ex art. 146 L.F. – Carattere unitario ed inscindibile.

 

Fallimento di una S.r.l. – Curatore - Azione sociale ex art. 2392 c.c. – Inadempimento degli amministratori – Natura contrattuale della responsabilità - Presunzione di colpa – Prova non richiesta – Amministratore – Possibilità della prova contraria.

 

Art. 2476 c.c - Amministratori – Danni derivanti dall’inosservanza di doveri – Azione di responsabilità -  Eventuale intromissione da parte dei soci – Violazione del dovere di correttezza e buona fede -  Responsabilità solidale.

 

Amministratore di società insolvente - Restituzione a sé stesso di un finanziamento fatto - Restituzione  al socio – Mancata postergazione del credito ex art. 2467 c.c. – Ipotesi di danno da pagamento “preferenziale”.

 

Società fallita – Amministratore che si ripaga di un proprio credito - Reato commesso  - Bancarotta fraudolenta patrimoniale o bancarotta preferenziale – Difformità degli indirizzi giurisprudenziali.

 

Per costante giurisprudenza, nell’ipotesi di fallimento di una società  a responsabilità limitata, le diverse fattispecie di responsabilità degli amministratori di cui agli artt. 2392 e 2394 c.c. confluiscono in un'unica azione dal carattere unitario ed inscindibile (cfr., sul punto, Cass. sez. I, 29 ottobre 2008, n. 25977), all'esercizio della quale ai sensi dell'art. 146 L.F. è legittimato, in via esclusiva, il Curatore, che può, conseguentemente, formulare istanze risarcitorie verso gli amministratori, i liquidatori ed i sindaci tanto con riferimento ai presupposti della responsabilità contrattuale di questi verso la società, quanto a quelli della responsabilità extracontrattuale verso i creditori sociali, responsabilità questa derivante dall'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale (cfr. in particolare Cass. 22 ottobre 1998, n. 10488). (Pierluigi Ferrini –Riproduzione riservata)

 

L'azione sociale, anche se esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 L.F., si deve ritenere abbia natura contrattuale, in quanto trova la sua fonte nell'inadempimento dei doveri imposti agli amministratori dalla legge o dall'atto costitutivo, ovvero nell'inadempimento dell'obbligo generale di vigilanza o dell'altrettanto generale obbligo di intervento preventivo e successivo. La norma di cui all'art. 2392 c.c. struttura, quindi, una responsabilità degli amministratori in termini colposi, come emerge chiaramente sia dal richiamo, contenuto nel primo comma della disposizione menzionata, alla diligenza quale criterio di valutazione e di ascrivibilità della responsabilità, sia dalla circostanza che il terzo comma consente all'amministratore di andare esente da responsabilità, fornendo la prova positiva di essere immune da colpa.  Ne consegue che l'inadempimento da parte degli amministratori si presume colposo e che, quindi, non spetta al curatore di fornire la prova della colpa da parte di questi; viceversa, spetta al convenuto amministratore di evidenziare di avere adempiuto il proprio compito con diligenza ed in assenza di conflitto di interessi con la società, ovvero che l'inadempimento è stato determinato da causa a lui non imputabile ex art. 1218 c.c., ovvero, ancora, che il danno è dipeso dal caso fortuito o dal fatto di terzi (cfr., in questo senso, Cassazione civile, sez. I, 24 marzo 1999, n. 2772 e 22 ottobre 1998, n. 10488). (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

L'art. 2476, settimo comma, c.c. estende la responsabilità solidale, unitamente agli amministratori, anche ai soci che si siano intromessi, anche al di fuori dalle incombenze loro formalmente previste per legge o per statuto, in violazione del generale dovere di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto sociale, nella gestione della società, coscientemente decidendo od autorizzando il compimento di atti, pur di per sé leciti, esercitati dagli amministratori in modo abusivo e,  pertanto, dannosi per la società, per i soci e per i terzi. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

Da un punto di vista civilistico, l'amministratore di una società di capitali risponde per danno da pagamento “preferenziale” nel caso abbia proceduto, in periodo di insolvenza societaria, alla restituzione a sé stesso di un finanziamento da lui fatto e, dunque,  al rimborso a suo favore di un credito vantato nei confronti della società ( sempre che non si tratti di un credito che costituisca compenso "congruo" per il lavoro prestato), ed, inoltre, nel caso in cui egli abbia proceduto alla restituzione di un finanziamento del socio nei casi in cui sarebbe stato suo onere eccepire la postergazione di quel credito ai sensi dell'art. 2467, primo comma, c.c. rispetto a quelli degli altri creditori, laddove, secondo un giudizio di prognosi postuma, emerga che allorché quel finanziamento venne concesso, era altamente probabile che la società, qualora lo avesse poi rimborsato non sarebbe stata in grado di soddisfare regolarmente gli altri creditori e che, pertanto,era ragionevole che i soci in quella circostanza eseguissero piuttosto dei conferimenti di capitale al fine di potere garantire la continuità aziendale. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

Dal punto di vista penalistico l'amministratore, il quale si ripaghi di un proprio credito verso la società fallita, risponde di bancarotta fraudolenta patrimoniale non potendo scindersi la qualità di creditore da quella di amministratore, come tale vincolato alla società dall'obbligo della fedeltà e da quello della tutela degli interessi sociali nei confronti dei terzi (Cass. pen., 6 giugno 2014, n. 34505; Cass. pen., 30 maggio 2012, n. 2592; Cass. pen., 20 maggio 2014, n. 41143; Cass. 3 luglio 2012, n. 42710; Cass. pen., 27 marzo 2008, n. 17616; Cass. pen., 13 aprile 2007, n. 19557). Tale indirizzo risulta, invero, derogato, in favore della configurabilità della bancarotta preferenziale, limitatamente al caso dell'amministratore che si ripaghi di suoi crediti relativi a compensi per il lavoro prestato, prelevando dalle casse sociali una somma congrua rispetto a tale lavoro (Cass. pen., 16 aprile 2010, n. 21570; Cass. pen., 5 ottobre 2007, n. 43869; Cass. pen., 17 ottobre 2007, n. 46301), mentre minoritario risulta l'orientamento giurisprudenziale secondo cui anche l'amministratore che si ripaghi di propri crediti verso la società fallita, risponde sempre di bancarotta preferenziale, grazie alla presenza, in tal caso, dell'elemento caratterizzante di tale tipo di bancarotta rispetto alla fraudolenta patrimoniale, rappresentato dalla alterazione della par condicio creditorum, essendo irrilevante, al fine della qualificazione giuridica del fatto - dal momento che la norma incriminatrice prescinde dalla relazione dell'autore con l'organismo societario -, la specifica qualità dell'agente di amministratore della società, se del caso censurabile in sede di commisurazione della sanzione a fronte di una possibile maggior gravità, per tale ragione, del reato (Cass. pen., 18 maggio 2006, n. 23730). (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

http://www.fallimentiesocieta.it/sites/default/files/TribROMA_01062016.pdf

 

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Vedi anche nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: