Tribunale di Bergamo – La fase c.d. preconcordataria del concordato preventivo “in bianco”.

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Data di riferimento: 
09/10/2014

Tribunale di Bergamo, 9 ottobre 2014 – Pres., Rel. Vitiello.

Concordato preventivo – Valore dei beni ceduti ai creditori – Fattibilità economica del piano – Valutazione dei creditori – Evidenza di una sopravvalutazione – Verifica del Tribunale – Presupposti.

Concordato preventivo c.d. “in bianco” – Fase c.d. preconcordataria – Qualificazione del concordato come liquidatorio o in continuità – Deposito del piano.

Concordato preventivo c.d. “in bianco” – Apertura del concorso – Possibilità per il debitore di proseguire nella sua attività di impresa – Rischio di erosione della garanzia patrimoniale dei creditori – Sussistenza.

Concordato preventivo c.d. “in bianco” – Fase interinale tra il deposito della domanda e il piano – Principio ex art. 2740 c.c. – Natura fraudolenta dell’attività – Arresto immediato della procedura ex art. 173 L.F.

Concordato preventivo c.d. “in bianco” – “Altri atti di frode” ex art. 173 L.F. – Condotta di sottrazione fraudolenta di risorse – Rilevanza – Presupposti.

 

In termini di principio, il tema dell’effettivo valore dei beni ceduti alla massa dei creditori con lo scopo di realizzare la causa del concordato preventivo (la soluzione/gestione della crisi attraverso il soddisfacimento di tutti i creditori in un lasso di tempo ragionevolmente breve) inerisce alla cd. fattibilità economica del piano ed in quanto tale è devoluto alle valutazioni che la massa dei creditori esprime con il voto, favorevole o sfavorevole, alla proposta. Tuttavia, qualora il commissario abbia l’evidenza di una sopravvalutazione dei beni di entità significativa, e comunque tale da determinare una prognosi di certa impossibilità di soddisfacimento dei creditori chirografari, e sia in grado di dimostrarla previo ricorso all’accertamento tecnico eseguito da un c.t.u. di cui abbia chiesto ed ottenuto la nomina da parte del giudice delegato, il tribunale deve verificare che gli accertamenti degli organi della procedura non si prestino a rilievi di incoerenza (e per fare ciò vanno considerate anche le eventuali deduzioni e contestazioni del debitore in concordato). In tali ipotesi il tema del valore dei beni ceduti alla massa dei creditori incide direttamente sulla c.d. fattibilità giuridica del concordato e quindi rientra nella sfera di cognizione tipica dell’organo giurisdizionale. (Irma Giovanna Antonini – Riproduzione riservata)

 

In via di principio, ogni società che abbia presentato domanda di concordato ai sensi dell’art. 161, comma 6, L.F. può legittimamente proseguire nella propria attività di gestione caratteristica nella fase c.d. preconcordataria. In questo lasso temporale, infatti il concordato non è qualificabile come liquidatorio o in continuità, a prescindere da eventuali anticipazioni che il debitore abbia fatto nella domanda di ammissione formulata “in bianco”. Tale qualificazione è possibile soltanto nel momento in cui viene depositato il piano, alla scadenza dei termini concessi dal tribunale e sempre che il debitore non opti per una diversa soluzione della crisi, di natura privatistica, tra le quali rientra anche quella prevista dall’articolo 182 bis L.F. Pertanto, solo con la presentazione del piano, ove quest’ultimo abbia natura liquidatoria, scatta l’obbligo per il debitore di cessare l’attività. Ne consegue un’eccezione al principio generale che ricollega al momento dell’apertura del concorso dei creditori la cristallizzazione del patrimonio del debitore con lo scopo di garantire il soddisfacimento dei crediti concorsuali. (Irma Giovanna Antonini – Riproduzione riservata)

 

Quando la domanda di concordato iscritta al registro delle imprese è fatta nella forma di cui all’art. 161, comma 6, L.F., l’apertura del concorso non esclude la possibilità per il debitore di proseguire nella sua attività d’impresa, con il conseguente rischio di un’ulteriore erosione della garanzia patrimoniale dei creditori concorsuali, aggravato dall’art. 182 sexies, ultimo comma, L.F., che esclude la responsabilità degli amministratori prevista dall’art. 2486 c.c. per la fase successiva alla presentazione della domanda di concordato, nonché dall’inapplicabilità dell’art. 186 bis, ultimo comma, L.F., dettato per il concordato con continuità aziendale, che impone al commissario giudiziale di segnalare al tribunale la manifesta dannosità della prosecuzione dell’attività ai fini dell’immediata revoca del decreto di ammissione. (Irma Giovanna Antonini – Riproduzione riservata)

 

L’unico presidio effettivo del principio di cui all’art. 2740 c.c., nella fase interinale tra il deposito della domanda di concordato “in bianco” e il deposito del piano, va trovato nell’eventuale natura fraudolenta della prosecuzione dell’attività e quindi nel possibile inquadramento della gestione caratteristica nel novero delle condotte che, in quanto sussumibili nell’art. 173 L.F., determinano l’immediato arresto della procedura. (Irma Giovanna Antonini – Riproduzione riservata)

 

Il criterio per selezionare la rilevanza degli “altri atti di frode” considerati dall’art. 173 L.F. non può che dipendere dall’impatto che la condotta abbia avuto sulla causazione della crisi e, soprattutto, sull’entità della stessa. Pertanto, deve ritenersi che una condotta di sottrazione fraudolenta di risorse destinate al soddisfacimento dei creditori abbia rilievo interruttivo della procedura quando risulti che essa abbia aggravato la crisi e diminuito in misura rilevante l’attivo a disposizione della massa dei creditori. (Irma Giovanna Antonini – Riproduzione riservata)

 

http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/cri.php?id_cont=11901.php

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