Tribunale di Terni – Rapporto tra concordato preventivo, in particolare con riserva, e istruttoria prefallimentare.
Tribunale di Terni, 8 novembre 2013 – Pres. Lanzellotto, Est. Vella.
Concordato preventivo con riserva – Istruttoria prefallimentare – Rapporto – Favor per la soluzione concordataria – Sussistenza.
Concordato preventivo con riserva – Istruttoria prefallimentare – Rapporto tra domanda di concordato e istanza di fallimento – Preclusione della soluzione concordataria – Ipotesi tassative.
Concordato preventivo con riserva – Deposito della proposta, del piano e della documentazione – Potere discrezionale del giudice – Limitazione – Diritto del debitore – Potere del giudice limitato alla verifica della sussistenza dei presupposti - Atti di frode e comportamenti penalmente rilevanti da parte del debitore – Potere del tribunale di dare “precedenza” all'istanza di fallimento.
Nel rapporto tra procedimento prefallimentare e concordato preventivo l’ordinamentoprevede un indubitabile favor per la soluzione concordataria, espresso in particolar modo dall’art. 168 L.F., che – pur non precludendo azioni individuali di accertamento e condanna – tuttavia protegge il patrimonio del debitore da possibili aggressioni esecutive e cautelari nel periodo intercorrente tra il deposito del ricorso ex art. 160 L.F. e la definitività del provvedimento di omologa del concordato. (Irma Giovanna Antonini – Riproduzione riservata)
Sul rapporto tra domanda di concordato preventivo e istanza di fallimento, deve ritenersi che il tribunale ha il potere di precludere al debitore la facoltà (ampiamente riconosciuta – ed oggi anzi incentivata – dall’ordinamento) di coltivare la soluzione concordataria, dando precedenza all’istanza di fallimento proposta dal creditore (o dal p.m.), solo laddove la domanda, anche alternativamente: a) non sia rituale e completa ai sensi degli artt. 160 e 161 L.F.; b) configuri un’evidente forma di abuso dello strumento concordatario, anche per l’emersione di condotte penalmente sanzionabili; c) pregiudichi definitivamente e in concreto una più proficua liquidazione fallimentare in danno della massa dei creditori (ad es. per il consolidamento di un’ipoteca o la maturazione medio tempore della prescrizione di eventuali azioni di massa esperibili dal curatore). (Irma Giovanna Antonini – Riproduzione riservata)
Laddove l’art. 161 L.F. prevede che il deposito della proposta, del piano e della documentazione per l’ammissione al concordato preventivo con riserva debba avvenire “entro un termine fissato dal giudice compreso fra sessanta e centoventi giorni” – ma vincolato alla durata minima di sessanta giorni ove penda procedimento per la dichiarazione di fallimento (comma 10) – e “prorogabile, per giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni” (comma 6), il verbo adottato (“fissato”, piuttosto che “concesso”) e la lessicalità anodina della formula normativa (“entro un termine”) lascerebbero trasparire un potere giudiziale discrezionale solo nei termini, ma vincolato all’esercizio di un diritto del debitore, sempre che siano stati rispettati i parametri formali e sostanziali prescritti dal legislatore.
Resta fermo che qualora, pur a fronte di un ricorso ex art.161, co.6, L.Fall. formalmente ineccepibile, emergano ictu oculi atti di frode del debitore, ovvero sue condotte penalmente rilevanti ex art. 236 L.Fall. (la cui emersione dovrebbe peraltro essere garantita dalla partecipazione al procedimento del p.m., perciò destinatario della comunicazione della domanda) il tribunale avrebbe tutto il potere di dare “precedenza” all' istanza di fallimento e, sussistendone i presupposti di accoglierla, pur in pendenza di domanda di concordato preventivo con riserva. (Irma Giovanna Antonini – Riproduzione riservata)
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