Tribunale di Lucca – Concordato in continuità aziendale che preveda la ristrutturazione trasversale dei crediti: inammissibilità dell'utilizzo del cram down per realizzarne i presupposti.
Tribunale di Lucca, Sez. Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza, 18 luglio 2023 – Pres. Giulio Lino Maria Giuntoli, Rel. Carmine Capozzi, Giud. Giacomo Lucente.
Concordato in continuità aziendale diretta – Flussi di cassa che ne derivano - Ristrutturazione trasversale dei debiti - Ricorrenza delle condizioni previste per l'applicazione dell'art. 112, secondo comma, lettera d), C.C.I. - Necessità - Utilizzo a tal fine dello strumento del cram down fiscale e previdenziale – Inammissibilità - Incompatibilità con la. regola della RPR.
Dal momento che la direttiva c.d. Insolvency, all'art. 11 nel dettare le condizioni per la ristrutturazione trasversale dei debiti non fa mai riferimento alla possibilità di considerare un voto non espresso da un creditore o da una classe (o addirittura un voto negativo) come un voto di adesione alla proposta concordataria per effetto di una fictio iuris, ma richiede che la stessa sia espressamente approvata dalla maggioranza delle classi o anche da una sola classe come definita alla lettera b) seconda parte (ii) di detto articolo, e dal momento che il c.d. cram down fiscale è stato introdotto nel nostro ordinamento in un contesto in cui non esisteva la regola della RPR (relative priority rule) ma solo quella della APR (absolute priority rule), si deve, con riferimento ad un'ipotesi di concordato in continuità aziendale diretta, per logica, ritenere che il meccanismo del c.d. cram-down fiscale e previdenziale, come disciplinato dall’art. 88, comma 2 bis, C.C.I., non possa essere adoperato per realizzare le condizioni per l’applicazione dell’art. 112, comma 2, lett. d) C.C.I. in materia di ristrutturazione trasversale dei debiti; ciò anche per una ragione sistematica dal momento che anche negli accordi di ristrutturazione, ove il cram-down è parimenti previsto, questo viene in rilievo soltanto quando l’adesione dei creditori pubblici è necessaria per raggiungere le maggioranze richieste dagli artt. 57, comma 1, e 60, comma 1, C.C.I. ma non anche quando vengano in rilievo le maggioranze dell’art. 61, comma 2, lett. c) C.C.I. come previsto per gli accordi ad efficacia estesa in cui l'accordo si impone anche ai creditori estranei e, quindi, il cram down, ove fosse consentito, porterebbe con sé l'effetto di estendere l'efficacia dell'accordo non solo al creditore pubblico contrario o non aderente ma anche a tutti gli altri creditori non aderenti, e altresì dal momento che anche nel caso del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione di cui all'art. 64 bis C.C.I. il cram down non risulta applicabile non essendo richiamato l'art. 88 C.C.I ed essendo esclusa, al comma 9, l'applicazione dell'art. 112 C.C.I. ed in quanto, ancora una volta, viene in rilievo una possibile deroga alle regole distributive previste dagli artt. 2740 e 2741 c.c.. ma solo a fronte dell'approvazione da parte dei creditori concorrenti interessati con le modalità previste dalla legge [nello specifico, il Tribunale alla luce delle suddette considerazioni ha ritenuto non omologabile il concordato come proposto, e pertanto non necessario aprire il relativo procedimento, in quanto non ricorrevano i presupposti per l'applicazione dell'art. 112, comma 2, C.C.I. non essendo stato approvato dalla maggioranza delle classi, né da una classe rispetto alla quale sussistessero le condizioni di cui alla seconda ipotesi contemplata da detto comma alla lettera d)]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata).
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