Corte d'Appello di Napoli – Reclamo ex art. 18 L.F.: considerazioni in tema di modalità di riassunzione di un giudizio avanti alla Corte d'Appello e di prova della mancanza dei requisiti di fallibilità. Decisione sulle spese processuali.
Corte d'Appello di Napoli, Sez. V civ. (già I bis), 26 luglio 2022 – Pres. Paolo Celentano, Cons, Rel.
Giovanni Galasso, Cons. Leonardo Pica.
Dichiarazione di fallimento – Reclamo ex art. 18 L.F. - Rigetto – Ricorso in Cassazione – Accoglimento - Rinvio alla Corte d'Appello – Riassunzione del giudizio – Proposizione mediante citazione anziché mediante reclamo – Ammissibilità – Fondamento.
Dichiarazione di fallimento – Reclamo ex art. 18 L.F. - Mancanza dei requisiti di fallibilità – Ragione fondante - Ultimi tre bilanci – Prova privilegiata – Omessa produzione – Allegazione di documenti di tipo diverso – Accoglimento comunque possibile.
Apertura della liquidazione (o dichiarazione di fallimento) - Revoca - Statuizione sulle spese giudiziali e sul compenso al curatore - Applicabilità dell’art. 147 D.P.R. 115/2002 – Apertura della procedura dovuta a colpa del debitore o del creditore istante – Riscontro – Conseguente condanna a carico del soggetto a cui è imputabile – Applicabilità sia nei confronti del soggetti persone fisiche che delle persone giuridiche – Fondamento.
Con riferimento ad un giudizio di rinvio alla Corte d'Appello come deciso dalla Corte di Cassazione in sede di accoglimento di un ricorso proposto dalla società dichiarata fallita avverso la decisione con cui la corte del merito ne aveva erroneamente respinto il reclamo ex art. 18 L.F. considerandolo tardivo, si deve ritenere, alla luce del disposto dell'art. 392, secondo comma, c.p.c., la riassunzione in giudizio, come dalla stessa fallita proposta mediante citazione, anziché mediante reclamo, comunque ammissibile, in quanto, pur dovendo quell'atto di impulso processuale essere assoggettato alle regole del rito camerale disciplinanti l'originario procedimento, si era comunque provveduto sia alla notifica che al relativo deposito nel termine previsto dall’art. 392 comma 1° c.p.c. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Il reclamo ex art. 18 L.F. avverso la sentenza dichiarativa di fallimento proposto dalla società dichiarata fallita in ragione del suo essere carente dei requisiti di fallibilità di cui all'art. 1, comma 2 L.F., può trovare accoglimento anche sulla base di documenti diversi dai bilanci, pur costituendo questi ultimi la prova privilegiata [nello specifico, la Corte del riesame ha, in particolare, ritenuto che se la società non possedeva i requisiti dimensionali di fallibilità già nell'unico bilancio che risultava essere stato dalla stessa pubblicato, quando era ancora in piena attività, doveva escludersi, in assenza di qualsivoglia elemento di segno contrario, che potesse averli acquisiti negli anni successivi quando risultava documentalmente provato che la sua l’attività era definitivamente cessata]. (Pierlugi Ferrini – Riproduzione riservata)
Alla luce del disposto dell'art. 366, primo comma, CCII (applicabile ai sensi del secondo comma anche ai provvedimenti emessi in base alla legge fallimentare), che ha modificato l'art. 147 del Testo Unico in materia di spese di giustizia (DPR 30 maggio 2002 n. 115): ”In caso di revoca della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, le spese della procedura e il compenso del curatore sono a carico del creditore istante quando ha chiesto con colpa la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale; sono a carico del debitore persona fisica, se con il suo comportamento ha dato causa alla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale. La corte di appello, quando revoca la liquidazione giudiziale, accerta se l'apertura della procedura e' imputabile al creditore o al debitore” [nello specifico con riferimento ad un procedimento di reclamo ex art, 18 L.F. la Corte d'appello pur revocando il fallimento per mancanza in capo alla società fallita dei requisiti di fallibilità ha posto le spese di procedura e il compenso del curatore per metà a carico del Fallimento soccombente e per metà a carico della società reclamante pur vittoriosa, colpevole di aver causato la pronuncia poi revocata non costituendosi avanti al tribunale; ciò in quanto ha ritenuto che l'art. 366 CCII, considerato già in vigore in base a quanto previsto dall’art. 389, comma 2, del D. Lgs. 14/2019, si doveva ritenere applicabile non solo ai debitori persone fisiche, come previsto dall'art. 147, ma anche alle società]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
https://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/28043.pdf
[con riferimento alla prima massima, cfr. in questa rivista:Corte di Cassazione, Sez. VI civ.- 1, 31 marzo 2021, n. 8980https://www.unijuris.it/node/5609; Cass., Sez. 1, 20 aprile 2022, n. 12668 https://www.unijuris.it/node/6234 e Corte di Cassazione, Sez. I civ., 09 novembre 2020, n. 25025 https://www.unijuris.it/node/5401; con riferimento alla seconda massima: Corte di Cassazione, Sez. VI civ. - 1, 27 settembre 2019, n. 24138 https://www.unijuris.it/node/5181 e Cassazione civile, Sez. I, 23 Novembre 2018, n. 30516 https://www.unijuris.it/node/4583].