Corte di Cassazione (4795/2020) – Il mandato che una società, poi fallita, aveva conferito ad un legale per assisterla nel corso di un giudizio in cassazione si scioglie al momento della dichiarazione di fallimento.
Corte di Cassazione, Sez. I civ., 24 febbraio 2020, n. 4795 – Pres. Guido Federico, Est. Andrea Fidanzia.
Dichiarazione di fallimento – Giudizio in corso – Interruzione automatica – Mandato alle liti conferito dal fallito allorché in bonis - Possibilità per il curatore di subentrare nel contratto ex artt. 72 e 78 L.F. – Esclusione -– Scioglimento del mandato difensivo.
Dichiarazione di fallimento – Giudizio di cassazione in corso – Prosecuzione – Impulso d’ufficio – Controversia non di carattere personale del fallito - Mandato alla lite – Professionista - Perdita del titolo a proseguire l’attività difensiva.
Alla luce del disposto dell’art. 43, terzo comma, L.F. l’interruzione dei giudizi di cui sia parte il fallito è automatica e deve essere dichiarata dal giudice non appena sia venuto a conoscenza dell’evento, ragion per cui in tale ipotesi non trova applicazione l’ordinario regime dettato in materia dall’art. 300 c.p.c. che consente al procuratore alle liti, nell’ipotesi del sopravvenire di una causa interruttiva rappresentata dalla morte del suo assistito o dalla perdita della capacità da parte di questi di stare in giudizio, in ragione del potere discrezionale dello stesso legale di dichiarare o meno un tale evento, di continuare a compiere atti processuali in nome e per conto del cliente. Il fallimento del mandante ha infatti quale effetto immediato lo scioglimento del mandato difensionale, né è possibile ipotizzare la facoltà riconosciuta al curatore ex artt. 72 e 78 L.F. di subentrare nel contratto, come prevista in caso di contratto di mandato di altro tipo che risulti sospeso. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Una possibile “ultrattività” del mandato professionale non può invocarsi, in caso di fallimento della parte già costituita a mezzo di procuratore, non solo in ipotesi di giudizio di merito ma anche in ipotesi di dichiarazione di fallimento intervenuta nel corso di un giudizio di cassazione, nonostante l’apertura di quella procedura non comporti l’interruzione del giudizio di legittimità a motivo dell’impulso d’ufficio che lo caratterizza, in quanto anche in quel contesto, laddove trattasi di controversia non avente natura personale del fallito, il legale cui era stato precedentemente conferito mandato alla lite non ha più alcun titolo per proseguire la propria attività difensiva, essendo venuto meno il rapporto professionale che lo legava alla parte assistita per essersi lo stesso estinto al momento della dichiarazione di fallimento di quella stessa [nello specifico, pur tuttavia la Corte ha ritenuto che al legale nominato dalla società quando era ancora in bonis, che aveva continuato a patrocinarla nell’ambito di un giudizio di cassazione anche dopo la dichiarazione di fallimento della mandante, spettasse comunque, quantunque avesse formulato istanza ultratardiva di insinuazione al passivo ai sensi dell’art. 101 L.F., il compenso professionale per l’attività svolta, dovendosi il ritardo nella presentazione della richiesta ritenersi allo stesso non imputabile, nonostante avesse erroneamente ritenuto, ma in un contesto che non era stato ancora esplorato dalla giurisprudenza, che il suo mandato difensivo fosse cessato, non al momento dell’intervenuto fallimento della sua cliente, ma solo in coincidenza della conclusione di tale giudizio]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/23355
[cfr. in questa rivista: Corte di Cassazione, Sez. I civ., 11 aprile 2018, n. 9016 https://www.unijuris.it/node/4758 e Cassazione civile, sez. I, 15 novembre 2017, n. 27143 https://www.unijuris.it/node/3976]