Corte d'Appello di Genova – Effetto devolutivo del reclamo avverso la sentenza di fallimento pronunciata ai sensi dell'art. 162,L.F. Verifica dell'avvenuto rispetto, in sede concordataria, del diritto di difesa e dei limiti del sindacato del tribunale.
Corte d'Appello di Genova, Sez. I civ., 23 novembre 2018 – Pres. Leila Maria Sanna, Cons. Rel. Massimo Caiazzo, Cons. Cinzia Casanova.
Concordato preventivo – Tribunale – Decreto di inammissibilità - Dichiarazione di fallimento – Debitore - Reclamo – Effetto devolutivo pieno – Corte d'Appello – Decisione assunta dal tribunale in sede di concordato - Riesame.
Istanza di concordato preventivo – Tribunale – Esame - Accertamenti istruttori – Ricorso d'ufficio - Mancato contradditorio col debitore - Audizione del debitore – Garanzia del diritto di difesa - Rigetto della domanda - Presupposto necessario.
Proposta di concordato liquidatorio – Tribunale - Giudizio di fattibilità giuridica – Ulteriore competenza – Giudizio di fattibilità economica – Limiti – Creditori chirografari – Ammontare dei crediti - Soddisfazione di almeno il 20% - Utilizzo di parametri prudenziali – Valutazione da compiersi in astratto – Verifica in concreto - Effettivo raggiungimento di quella percentuale - Vendita competitiva dei beni - Risultati sperati – Possibile mancato conseguimento – Incidenza - Valutazione riservata ai creditori.
Il reclamo innanzi alla Corte d'Appello proposto dal debitore ai sensi dell'art. 18 L.F. avverso la sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata nei suoi confronti, che abbia fatto seguito, ai sensi dell'art. 162, secondo comma, L.F. alla previa declaratoria di inammissibilità della di lui domanda di concordato preventivo, ha effetto devolutivo pieno; ne consegue, pertanto, che il giudice del reclamo risulta investito anche della cognizione circa la sussistenza dei presupposti per l’adozione da parte del tribunale del decreto di rigetto dell' ammissione al concordato. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Ai sensi dell'art. 162, secondo comma, L.F. il debitore deve, al fine che ne sia garantito il diritto di difesa, essere necessariamente sentito dal tribunale in merito alla di lui domanda di concordato preventivo e ciò a maggior ragione quando la decisione sull'ammissibilità della proposta non sia fondata sulla mera valutazione del suo contenuto (stante che in tal caso il tribunale non è tenuto a comunicargli preventivamente le possibili ragioni di inammissibilità), ma si basi sui risultati di un'istruttoria disposta d'ufficio dal tribunale per acquisire elementi di giudizio, laddove su di essi non si sia svolto già prima un qualche contradditoro. Ne consegue infatti, in tale ipotesi, una lesione del diritto di difesa che comporta la nullità del decreto di inammissibilità della domanda di concordato preventivo. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Il limite del controllo demandato al tribunale, in aggiunta a quello relativo alla fattibilità giuridica, della fattibilità economica della proposta di concordato, da intendersi circoscritto alla verifica della sussistenza o meno di una manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, si deve ritenere che non risulti essere stato modificato dall'introduzione, ad opera del D.L. 83/2015, dell'art. 160, quarto comma, L.F. che ha stabilito che la proposta deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dei creditori chirografari. Seppure, infatti, il sindacato riservato al tribunale investa ora anche, nel concordato con cessione dei beni, la prospettiva, sulla base di parametri prudenziali, del possibile raggiungimento in astratto, in ragione delle risorse disponibili, di quella percentuale minima, si deve ritenere che esuli da quell'ambito ogni giudizio da parte dello stesso tribunale circa la possibilità in concreto che la vendita dei beni, a seguito dei possibili esiti delle procedure competitive, non dia i risultati sperati, costituendo questa una questione il cui esame è riservato ai creditori concordatari in sede di voto [vieppiù in un caso, come quello di specie, in cui la proponente, in sede di presentazione di una nuova proposta concordataria, si era adeguata, per quanto concerneva il valore dei beni immobili di cui prospettava la cessione, alle valutazioni, necessariamente prudenti, del commissario giudiziale e dei periti nominati dal tribunale nell'ambito di una precedente procedura concordataria, stante che, per tale ragione, il tribunale, in sede di valutazione della fattibilità economica della nuova proposta, avrebbe dovuto viceversa considerare, la qual cosa non aveva fatto, a prescindere dall'esito che in concreto sarebbe potuto derivare dalla vendita di quei beni, attendibili quei valori, con conseguente accoglimento della nuova domanda, la cui mancata ammissione aveva invece comportato l'accoglimento di quella di fallimento proposta in quella sede dal P.M.]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)