Tribunale di Napoli Nord – Revocatoria ordinaria-fallimentare di un atto di scissione: problematiche relative a competenza, sequestro giudiziario, tutela dei creditori e funzione sua propria.
Tribunale di Napoli Nord, Sez. III civ., 24 luglio 2017 – Giudice Arminio Salvatore Rabuano.
Fallimento - Competenza del tribunale fallimentare - Azioni che derivano dal fallimento – Interpretazione – Azioni da ricomprendersi e da escludersi.
Fallimento – Azione revocatoria ordinaria – Scopo - Acquisizione di un bene nell'attivo fallimentare – Tutela urgente - Ricorso per sequestro giudiziario – Ammssibilità.
Fallimento - Azione revocatoria ordinaria – Carattere relativo ex art. 2901 c.c. - Tutela del singolo - Insussistenza – Inefficacia generale – Tutela di tutti i creditori concorsuali.
Fallimento – Società fallita – Atto di scissione anteriore – Azione revocatoria – Obiettivo – Ricostruzione dell'assetto societario – Esclusione – Scopo - Reintegrazione della garanzia patrimoniale - Trasferimenti patrimoniali scaturiti – Dichiarazione di inefficacia.
Fallimento - Società fallita – Atto di scissione anteriore – Azione revocatoria ordinaria - Rapporto con la tutela reintegratoria prevista dal c.c. - Complementarietà - Funzione marcatamente riparatoria-sanzianatoria.
Il concetto di "azioni che derivano dal fallimento" di cui all'art. 24 L.F. deve essere interpretato nel senso che sono attratte alla competenza del tribunale fallimentare tutte le azioni che originano dalla dichiarazione di fallimento o che, in conseguenza dell'apertura della procedura concorsuale, subiscono un mutamento strutturale della causa petendi e/o del petitum, attesa la necessità di concentrare queste azioni dinanzi al medesimo tribunale, restando, pertanto, escluse le azioni che erano nel patrimonio dell'imprenditore già prima della dichiarazione di fallimento. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Deve essere dichiarato ammissibile il ricorso per sequestro giudiziario ex art. 670 c.p.c., promosso dalla curatela quale strumento di tutela urgente rispetto ad un'azione revocatoria esercitata ex art. 66 L.F., volta ad assicurare l'acquisizione di un bene nell'attivo fallimentare [nello specifico un immobile ceduto dalla società fallita allorché si trovava ancora in bonis]. Ciò si può dedurre dalla lettura del disposto dell'art. 70 L.F., che riconosce al terzo il diritto di insinuare al passivo un credito di importo corrispondente al valore del bene restituito. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
A seguito del fallimento del debitore, l'azione revocatoria ordinaria, come esercitata dal curatore ai sensi dell'art. 66 L.F., perde il suo carattere relativo, cessa cioè di svolgersi in difesa di un singolo creditore e, in assenza di una norma che limiti la distribuzione del ricavato della liquidazione del bene restituito, diventa una difesa generale, volta a tutelare non solo i creditori anteriori all'atto interessato alla revocazione, ma tutti i creditori concorrenti, e, pertanto, anche quelli successivi. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
L'azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., e, pertanto, in caso di fallimento ex art. 66 L.F., è ammissibile anche ove diretta contro gli effetti patrimoniali scaturenti da un atto di scissione posto in essere dalla società poi fallita, in quanto mediante tale azione non si mira a ricostruire l'assetto societario preesistente ma solo alla reintegrazione della garanzia patrimoniale incisa da tale operazione tramite la declaratoria di inefficacia dei trasferimenti patrimoniali scaturiti dalla stessa. Non è infatti essenziale per l'esercizio dell'azione revocatoria la caducazione di un effetto negoziale- dispositivo in senso proprio compiuto dal debitore, essendo, invece, sufficiente che detta azione derivi da un comportamento volontario che arrechi danno al creditore sul piano della garanzia patrimoniale. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
La funzione marcatamente riparatoria-sanzianatoria di un atto che civilisticamente presenta i connotati del fatto illecito, da riconoscersi, in aggiunta a quella di reintegra, all'azione revocatoria ordinaria–fallimentare, si deve ritenere rappresenti il fondamento teorico della sua complementarietà rispetto ai rimedi di tutela, preventiva e successiva, dei creditori previsti dalla normativa in tema di scissione societaria, in particolare dagli artt. 2504 quater e 2503 c.c. (come richiamati dall'art. 2506 ter, quinto comma, c.c.) e dall'art. 2506 quater, ultimo comma, c.c., che hanno la funzione esclusivamente di prevenire un pregiudizio e reintegrare delle loro ragioni economiche i creditori. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)