Corte d’Appello di Firenze – Fallimento del datore di lavoro: conseguenze dell’ammissione al passivo al netto delle ritenute di legge del credito per la retribuzione spettante al dipendente insoddisfatto.
Corte d’Appello di Firenze, 18 ottobre 2016 – Pres. Giovanni Bronzini, Rel. Elisabetta Tarquini.
Fallimento del datore di lavoro – Dipendente insoddisfatto – Retribuzione spettantegli – Stato passivo – Inserimento al lordo – Necessità - I.N.P.S. - Gestore del Fondo di garanzia - Liquidazione – Ritenute fiscali – Trattenuta alla fonte – Legittimità.
In caso di insolvenza del datore di lavoro, l’I.N.P.S. quale gestore del Fondo di garanzia, all’atto del pagamento al dipendente insoddisfatto delle prestazioni a lui dovute ex legge 297/1982, quali risultanti dallo stato passivo reso esecutivo, è tenuto, ai sensi dell’art. 23 del D.P.R. 600/73, analogamente a quanto imposto al curatore fallimentare in sede di reparto, ad operare sulle somme da liquidarsi una ritenuta, a titolo di acconto sul reddito delle persone fisiche, da versarsi all’Erario [nello specifico, dal momento che quel credito era stato ammesso al passivo fallimentare già al netto delle ritenute, anziché al lordo come avrebbe dovuto essere, ad avviso della Corte, sarebbe spettato al lavoratore, per escludere una doppia imposizione a suo danno, di fare opposizione, richiedendo l’ammissione al passivo anche delle differenza trattenutagli alla fonte, in modo tale che la successiva decurtazione, doverosamente operata dall’INPS, non lo privasse di un importo che avrebbe avuto diritto di ricevere]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)