Tribunale di Benevento – Presupposti di ammissibilità dell’iniziativa del debitore e del P.M. per la dichiarazione di fallimento. Possibile esclusione dello stato d’insolvenza in presenza di pacta de non petendo: onere della prova.

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Data di riferimento: 
21/04/2016

 

Tribunale di Benevento 21 aprile 2016 – Pres. Rel. Monteleone.

 

Dichiarazione di fallimento – Iniziativa del creditore - Entità e requisiti del debito -  Legittimazione - Irrilevanza – Ammontare dei debiti - Soglia minima di fallibilità.

 

Dichiarazione di fallimento – Iniziativa del P.M. – Limiti -  Ipotesi stabiliti dalla legge – Art. 7 L.F. nn. 1) e 2) – Notitia decoctionis - Fonte  - Indagini esterne – Ammissibilità.

 

Fallimento – Dichiarazione dello stato di insolvenza – Presupposti – Oggettiva sussistenza – Cause  del dissesto -  Inadempimento del creditore – Irrilevanza.

 

Fallimento – Pacta de non petendo – Creditori - Adesione totale o parziale – Sussistenza dell’insolvenza – Automatica esclusione -  Inammissibilità - Verifica necessaria del permanere dei presupposti.

 

Fallimento - Pactade non petendo – Incidenza - Esclusione dell’insolvenza – Debitrice - Onere della prova.

 

Con riferimento al disposto dell’art. 15, ultimo comma, L.F., che stabilisce che “ non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro trentamila” (importo periodicamente aggiornabile), si precisa che, come espressamente chiarito dalla relazione illustrativa e come da giurisprudenza prevalente e da quasi unanime dottrina, non rileva l’entità del debito vantato dal  debitore che ha dato avvio, tramite ricorso, a quella procedura, in quanto tale debito può anche essere inferiore alla soglia via via fissata quale limite. Al riguardo, ai fini della legittimazione alla proposizione del ricorso ai sensi dell’ art. 6 L.F., si precisa che la stessa compete a tutti coloro che vantano un credito nei confronti del debitore ancorché non necessariamente certo, liquido ed esigibile, non ancora scaduto o condizionale e, altresì, non ancora munito di titolo esecutivo. La legittimazione del creditore a promuovere la dichiarazione di fallimento, a valere per tutta la durata del procedimento, va infatti distinta dall’insolvenza che può essere desunta da altri autonomi elementi. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

Essendo divenuto il processo per la dichiarazione di fallimento un processo ad impulso di parte e non esistendo più l’iniziativa d’ufficio, non può riconoscersi al Pubblico Ministero un potere d’azione generale ed illimitato;  pertanto, in conformità alla norma generale di cui all’art. 69 c.p.c., lo stesso potrà richiedere il fallimento solo nei casi tassativamente indicate dai numeri 1) e 2) dell’art. 7 L.F., quand’anche la notitia decoctionis sia stata da lui appresa nel corso di indagini svolte nei confronti di soggetti diversi dall’imprenditore insolvente. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

Lo stato d’insolvenza dell’imprenditore commerciale, quale presupposto per la dichiarazione di fallimento, va accertato in relazione a fatti certi, effettivamente avvenuti, non in base ad elementi ipotetici, essendo rilevante allo scopo soltanto l’oggettiva sussistenza della decozione, a prescindere dalle cause che l’hanno determinata, anche se consistenti in inadempimenti di altri soggetti (Cass., Sez. I, 19 novembre 1992, n. 12383), in particolare di alcuni creditori che, oltre a consentire la dilazione dei pagamenti a loro dovuti, si siano impegnati col debitore a pagare gli altri creditori, ma che, successivamente, abbiano violato tale patto. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

L’accordo con il quale i creditori si impegnano per un determinato tempo a non richiedere all’ impresa debitrice l’adempimento (pactum de non petendo, accordo a contenuto obbligatorio distinto dalla remissione del debito) può escludere l’insolvenza non solo quando vi abbiano prestato adesione tutti i creditori (ipotesi che comunque non la esclude automaticamente, onde comporta comunque la necessità  del compimento di una valutazione in merito), ma anche in caso di parziale adesione, quando tale accordo risulti, a seguito di analoga apposita verifica,  comunque idoneo a rimuovere l’incapacità ad adempiere, pur tenuto conto delle posizioni debitorie rimaste estranee al patto. L’insolvenza potrebbe, infatti, comunque sussistere in virtù del dissesto patrimoniale atto a rendere definitiva l’impotenza finanziaria o in considerazione di altre situazioni debitorie, estranee al patto, a loro volta scadute e non soddisfatte. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

Spetta alla debitrice, nel caso di accordo con i creditori che ne potrebbe escludere lo stato di insolvenza, l’onere di fornire la prova che non permangono condizione di dissesto, e ciò vieppiù essendo precaria  l’incidenza dei pacta de non petendo, perché suscettibile di cessare nel caso in cui un creditore, venendo meno all’accordo in precedenza intercorso, richieda il pagamento del suo credito, rendendo in tal modo attuale la definitiva impotenza economica e finanziaria dell’ impresa fallenda.   (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

http://www.fallimentiesocieta.it/sites/default/files/160512103118.PDF

 

Uffici Giudiziari: 
[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]
Articoli di riferimento nella legge fallimentare
Vedi anche nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: