Corte di Cassazione – Mancato pagamento dell’IVA: domanda di ammissione al passivo da parte dell’Agenzia delle Entrate e prova del credito.
Corte di Cassazione, Sezione tributaria civile, 24 febbraio 2016 n. 3609 - Pres. Bielli, Rel. Valitutti.
Presentazione della dichiarazione IVA da parte del contribuente – Mancato pagamento – Successivo fallimento – Agenzia delle Entrate – Domanda di ammissione al passivo fallimentare – Pretesa non contestata dal curatore – Possibilità di accoglimento dell’istanza - Mancata iscrizione a ruolo del credito tributario – Irrilevanza.
Società in nome collettivo – Mancato pagamento di un credito erariale – Fallimento – Agenzia delle Entrate - Infruttuosa istanza di ammissione al passivo – Escussione dei soci, solidalmente obbligati – Legittimità - Mancata partecipazione agli atti di accertamento – Ininfluenza.
In caso di fallimento del contribuente che, in precedenza, abbia presentato una dichiarazione IVA, risultando poi inadempiente al pagamento dell’imposta, l’Agenzia delle Entrate, qualora il curatore non contesti la pretesa tributaria, può chiedere ed ottenere l’ammissione al passivo fallimentare della somma dovuta sulla base della sola dichiarazione del soggetto poi fallito senza che possa opporsi all’Erario creditore l’inesistenza di un atto impositivo per la mancata iscrizione a ruolo del credito tributario. Ciò in quanto la presentazione della dichiarazione IVA da parte del contribuente, se non seguita dall’emanazione di un atto di rettifica o di correzione da parte dell’Amministrazione finanziaria, esaurisce da sola la fattispecie dell’accertamento dell’obbligazione tributaria e costituisce titolo, in ipotesi di inadempimento, per la riscossione dell’imposta sulla scorta dei dati desunti dalla dichiarazione stessa. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Una volta effettuata, seppur con esito negativo, preventivamente come previsto dall’art. 2304 c.c., l’escussione di una società in nome collettivo, risulta legittimo che l’Agenzia delle Entrate riscuota coattivamente, mediante notifica di una cartella di pagamento, l’imposta dovuta nei confronti dei soci, in quanto questi, ai sensi dell’art. 2291 c.c., rispondono solidalmente ed illimitatamente delle obbligazioni sociali, anche tributarie, a nulla rilevando che gli stessi siano rimasti estranei agli atti di accertamento ed impositivi finalizzati alla formazione del ruolo. (nello specifico, la Corte ha giudicato legittimo l’operato dell’Amministrazione finanziaria, in quanto prima di notificare ad una socia la cartella esattoriale, aveva escusso preventivamente, seppur infruttuosamente la società fallita, iscrivendo, ex art. 93 L.F., allo stato passivo il suo credito) (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
http://www.fallimentiesocieta.it/sites/default/files/160225160028.PDF