Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – Fallimento nel corso del processo per nullità, annullabilità, risoluzione, rescissione del contratto e domanda accessoria di ripetizione dell’indebito. Esclusività del giudizio di verifica dello stato passivo.
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, 6 maggio 2014 – Est. Rabuano.
Fallimento – Verifica dello stato passivo – Azioni di nullità, annullabilità, risoluzione, rescissione del contratto e domanda accessoria di ripetizione dell’indebito – Dichiarazione di fallimento – Cognizione del giudice delegato – Art. 52 L.F. – Principio di esclusività del giudizio di verifica dello stato passivo.
Si deve ritenere che, giusta il disposto dell’art. 52 L.F., nel caso in cui nel corso del processo avente a oggetto la domanda diretta a far valere la nullità, annullabilità, risoluzione, rescissione del contratto e la domanda accessoria di ripetizione dell’indebito, sia pronunciata la dichiarazione di fallimento del convenuto, tutte le istanze, concernenti i fatti costitutivi del diritto di credito da far valere nei confronti della massa dei creditori, devono essere sottoposte secondo le regole dettate dagli artt. 93 e ss. L.F. alla cognizione del giudice delegato nell’ambito del giudizio di verifica. La norma rilevante al fine di individuare il regime processuale applicabile alle domande con le quali si fa valere il diritto di partecipare al riparto è dettata dall’art. 52 L.F. che fissa il principio di esclusività del giudizio di verifica dello stato passivo, con il logico corollario che se la domanda di nullità, annullabilità, risoluzione, rescissione e revocatoria del contratto è proposta unitamente alla accessoria domanda di ripetizione ovvero di risarcimento del danno, tutte le istanze, essendo dirette a far valere il diritto di partecipare al riparto dell’attivo, devono essere proposte nell’ambito del giudizio di verifica dello stato passivo, quindi, in contraddittorio con il curatore e con tutto il ceto creditorio, dinanzi al giudice delegato. (Irma Giovanna Antonini – Riproduzione riservata)
L’art. 72 co. 5 L.F. è espressione del generale principio secondo cui la domanda di impugnativa contrattuale, connessa alla domanda con la quale il contraente in bonis vuole far valere il diritto alla restituzione di un bene o al risarcimento del danno, deve essere trattata secondo il rito del giudizio di verifica dello stato passivo: in tale ipotesi, infatti, devono essere trasferite in sede fallimentare entrambe le domande, vale a dire sia quella volta a far valere il credito nei confronti del fallimento, sia quella volta a far valere l’azione di risoluzione del contratto, dovendo la relativa azione pendente in sede ordinaria essere interrotta e riassunta in sede di insinuazione al passivo secondo le regole del concorso, anche perché le due azioni sono intimamente connesse e dipendenti l’una dall’altra, in quanto il venir meno del sinallagma contrattuale comporta la ripetizione delle rispettive obbligazioni della consegna della cosa venduta e del pagamento del prezzo, oltre all’eventuale risarcimento del danno, in base al principio – definitivamente affermato dal legislatore della riforma - di concentrazione processuale davanti al Tribunale fallimentare di tutte le controversie che possono incidere sull’individuazione delle passività del fallimento. Si deve quindi escludere – alla luce del dato testuale del novellato art. 72, quinto comma, l. fall. - che sia ancora ammissibile la separazione dei giudizi con devoluzione alla procedura di insinuazione al passivo della controversia attinente alla restituzione delle somme pagate e al risarcimento del danno e prosecuzione in via ordinaria della mera azione di risoluzione contrattuale, atteso che le due questioni sono legate da un vincolo di connessione impropria che ne comporta la devoluzione davanti al tribunale fallimentare in base alla regola dell’unicità del concorso. (Giulia Gabassi – Riproduzione riservata)
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