Corte d’Appello di Trieste – Stato d’insolvenza: insufficienza del dato meramente contabile e necessità dell’accertamento in concreto.

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Data di riferimento: 
18/11/2013

Reclamo ex art. 18 l.f.

Corte d’Appello di Trieste, 18 novembre 2013, n. 929 – Pres. Colarieti, Rel. Caparelli.

Fallimento – Presupposti – Stato di insolvenza – Definizione dei debiti e dei crediti dell’impresa.

Fallimento – Presupposti – Stato di insolvenza – Mero dato contabile del raffronto tra attivo e passivo patrimoniale – Insufficienza – Accertamento in concreto – Necessità.

Fallimento – Presupposti – Stato di insolvenza – Eccedenza del passivo sull’attivo – Accertamento in concreto dell’insolvenza – Necessità.

Fallimento – Presupposti – Stato di insolvenza – Debiti verso l’Erario – Rateizzazione – Ininfluenza ai fini della valutazione della situazione debitoria.

La verifica ex art. 5 L.F. dello stato di insolvenza dell’imprenditore commerciale esige la prova di una situazione di impotenza strutturale, e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, valutate nel loro complesso, in quanto già scadute e ragionevolmente certe. Ne consegue che, quanto ai debiti, il computo non si limita alle risultanze dello stato passivo ma si estende a quelle emergenti dai bilanci e dalle scritture contabili o in altro modo riscontrati, anche se oggetto di contestazione, quando (e nella misura in cui) il giudice del reclamo ne riconosca incidentalmente la ragionevole certezza ed entità; quanto all’attivo, i cespiti vanno considerati non solo per il loro valore contabile o di mercato, ma anche in rapporto all’attitudine ad essere adoperati per estinguere tempestivamente i debiti, senza compromissione dell’operatività dell’impresa, salvo che l’eventuale fase della liquidazione in cui la stessa si trovi renda compatibile anche il pronto realizzo dei beni strumentali e dell’avviamento (Cass. 27.2.2008, n. 5215). (Irma Giovanna Antonini – Riproduzione riservata)

L’accertamento dell’insolvenza non si identifica in modo necessario e automatico con il mero dato contabile fornito dal raffronto tra l’attivo e il passivo patrimoniale dell’impresa: sia perché anche in presenza di un eventuale sbilancio negativo è possibile che l’imprenditore continui a godere di credito e possa di fatto soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, configurandosi l’eventuale difficoltà in cui egli versa come meramente transitoria; sia perché, all’opposto, ove l’eccedenza di attivo dipenda dal valore di beni patrimoniali non agevolmente liquidabili, o la cui liquidazione risulterebbe incompatibile con la permanenza dell’impresa sul mercato e con il puntuale adempimento di obbligazioni già contratte, il presupposto dell’insolvenza ben può essere ugualmente riscontrato. (Irma Giovanna Antonini – Riproduzione riservata)

Fermo restando che l’eventuale eccedenza del passivo sull’attivo patrimoniale costituisce, nella maggior parte dei casi, uno dei tipici “fatti esteriori” che dimostrano l’impotenza dell’imprenditore a soddisfare le proprie obbligazioni, si deve stabilire in concreto se il debitore disponga di risorse idonee a fronteggiare in modo regolare le proprie obbligazioni, avendo riguardo alla scadenza di queste e alla natura e composizione dei cespiti dai quali sia eventualmente prospettabile ricavare l’occorrente per farvi fronte. (Irma Giovanna Antonini – Riproduzione riservata)

Con riferimento al passivo, può essere considerato indice dello stato di insolvenza il fatto che la società non sia in grado di far fronte regolarmente ai propri debiti nei confronti dell’Erario, nonostante la concessa rateizzazione del debito. Senz’altro non può sostenersi che la società abbia inteso finanziare la propria attività per mezzo di credito formalmente concesso dall’Erario piuttosto che dal sistema creditizio, poiché non è pensabile che un’impresa che gode di credito bancario preferisca esporsi al pagamento delle pesanti sanzioni e degli interessi derivanti dall’omissione delle obbligazioni erariali piuttosto che richiedere un fido ai tassi correnti. (Irma Giovanna Antonini – Riproduzione riservata)

 

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[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]