C.App. Torino Dichiarazione di fall,onere della prova,opzione per la contabilità semplificata e rilevanza dei debiti personali
Appello Torino, 07 ottobre 2010 - Pres. Griffey - Est. Converso.
Fallimento - Imprese soggette - In genere - Requisiti dimensionali dell'imprenditore - Onere della prova - Qualità di piccolo imprenditore ex art. 2083 Cod. Civ. - Irrilevanza.
Dichiarazione di fallimento - Superamento delle soglie di fallibilità - Onere della prova - Mancato deposito del bilancio - Imprenditore in regime di contabilità semplificata ex art. 18, D.P.R. 1973, n. 600 - Conseguenze - Irrilevanza.
Dichiarazione di fallimento - Imprenditore individuale - Debiti personali - Confusione in un unico patrimonio dei rapporti giuridici inerenti l'esercizio dell'impresa e di quelli personali del medesimo - Conseguenze - Rilevanza.
I requisiti di fallibilità sono fissati dall'art. 1, legge fallimentare, il quale dispone in via di principio la fallibilità dell'imprenditore commerciale (comma 1), salva la prova dei fatti impeditivi di cui al II comma, rimessi all'onere probatorio del diretto interessato, "escludendo quindi la possibilità di ricorrere al criterio sancito dalla norma sostanziale dell'art. 2083, c.c." (Cass. Civ., Sez. I, 28 maggio 2010, n. 13086). (Mario Magliano, Marina De Cesare) (riproduzione riservata)
L'opzione per la contabilità semplificata - effettuata dall'imprenditore a proprio rischio, posto che costituisce una conclamata eccezione al principio generale valido sul piano civilistico e tributario dell'obbligatorietà delle scritture contabili - ha sicuramente efficacia sul piano tributario, ma è del tutto irrilevante su quello civilistico. Pertanto, l'impossibilità per l'imprenditore di assolvere all'onere di provare i fatti impeditivi di cui all'art. 1, legge fallimentare sulla base delle scritture contabili obbligatorie deriva da una sua scelta insindacabile. (Mario Magliano, Marina De Cesare) (riproduzione riservata)
Lo svolgimento dell'attività imprenditoriale nella forma dell'impresa individuale comporta la confusione in un unico patrimonio dei rapporti giuridici inerenti l'esercizio dell'impresa e di quelli personali dell'imprenditore, con l'effetto per cui l'imprenditore diviene fallibile anche in ragione di debiti personali, atteso che tutti i crediti e debiti fanno unitariamente ed inscindibilmente capo all'unico debitore, il quale risponde di essi con tutto il suo patrimonio ex art. 2740, c.c., senza alcuna differenza in ordine alla natura dei debiti stessi (Nella specie, la Corte d'Appello di Torino ha dichiarato infondata la censura di parte appellante, secondo cui quello verso la Banca era debito personale, quale fideiussore di una società di capitali, di cui il reclamante fu il legale rappresentante e liquidatore, e, pertanto, non inerente all'attività imprenditoriale attuale). (Mario Magliano, Marina De Cesare) (riproduzione riservata)
Segnalazione dell'Avv. Mario Magliano e della Dott.ssa Marina De Cesare
(Provvedimento, titolo e massime tratti dalla rivista on-line www.ilcaso.it)
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Corte Appello di Torino 7 ottobre 2010.pdf | 1.06 MB |