Corte di Cassazione (21333/2024) Fallimento: opponibilità alla curatela degli atti anteriori del procedimento tributario, legittimazione ordinaria della curatela e straordinaria del contribuente fallito quale portatore di un interesse accentuato.
Corte di Cassazione, Sez. V tributaria, 30 luglio 2024, n. 21333 – Pres. Biagio Virgilio, Rel. Salvatore Leuzzi.
Fallimento del contribuente - Atti del procedimento tributario posti in essere antecedentemente – Intestazione degli stessi a detto soggetto - Opponibilità ciò nonostante alla curatela - Differenza rispetto agli atti eseguiti posteriormente all'apertura del concorso in termini di legittimazione passiva.
Fallimento del contribuente - Notifica dell'avviso di accertamento tributario al solo curatore - Conseguenze - Nullità o inesistenza dell'atto impositivo – Decadenza dell'Amministrazione dal potere accertativo – Esclusione – Inefficacia e inopponibilità al soggetto fallito ed ai soci ex amministratori - Sussistenza– Impugnabilità dello stesso solo dal giorno dell’effettiva conoscenza.
Fallimento del contribuente -Rapporti d'imposta i cui presupposti si sono formati antecedentemente - Legittimazione processuale straordinaria del fallito - Mera inerzia della curatela, legittimata ordinaria, nei confronti dell'atto impositivo - Presupposto sufficiente a produrre tale effetto di legittimazione vicaria.
Fallimento del contribuente -Rapporti d'imposta i cui presupposti si sono formati antecedentemente - Interesse accentuato del soggetto fallito a contrastare la pretesa erariale – Esclusione dall'ambito dell'esdebitazione delle pretese erariali laddove non soddisfatte – Ragione sottostante.
Gli atti del procedimento tributario posti in essere antecedentemente all’apertura del concorso, benché intestati al soggetto contribuente, sono opponibili alla curatela, mentre quelli compiuti posteriormente a tale momento possono (e debbono) indicare come destinataria l’impresa sottoposta alla procedura concorsuale, individuandone la mera rappresentanza legale in capo al curatore. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
In tema di fallimento, la notifica dell'avviso di accertamento nei confronti del solo curatore - e non anche nei riguardi del contribuente - non comporta la nullità o l'inesistenza dell'atto impositivo, né tanto meno la decadenza dell'Amministrazione dal potere accertativo; dalla notifica dell’avviso esclusivamente all’indirizzo dell’organo concorsuale deriva, piuttosto, l'inefficacia e inopponibilità di esso al soggetto fallito ed ai soci ex amministratori destinati a succedere nei debiti fiscali dell'ente, i quali al pari di quest'ultimo rimangono legittimati ad impugnare tempestivamente l'atto a decorrere dal giorno in cui ne vengono effettivamente a conoscenza. (Principio di diritto e Massima Ufficiale)
In tema di fallimento, la mera inerzia assunta dal curatore nei confronti dell'atto impositivo, con riferimento ai rapporti d'imposta i cui presupposti si sono formati prima della declaratoria fallimentare, è sufficiente a far sorgere la legittimazione processuale straordinaria della società fallita o dei suoi amministratori ad impugnare l'atto. ( Principio di diritto e Massima Ufficiale) [al riguardo la Corte ha infatti riconosciuto che non risulti presupposto imprescindibile che l'inerzia da parte della curatela sia conseguenza di una deliberata scelta da parte dell'organo concorsuale ma che sia il mero dato oggettivo dell’omesso ricorso alla tutela giudiziale a fondare, in definitiva, la legittimazione vicaria dell’ente fallito ] . (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Il contribuente fallito ha un interesse accentuato a contrastare la pretesa erariale dal momento che le parentesi cognitorie extrafallimentari sui crediti demandate alle commissioni tributarie non sono soggette alla regola di cui all'art. 96 L.F. (ora art. 204, comma 5, C.C.I.) che prevede che il decreto di esecutività dello stato passivo e le decisioni assunte all’esito dei relativi giudizi d'impugnazione “producono effetti soltanto ai fini del concorso”, dal momento che le decisioni che segnano l’epilogo di dette parentesi cognitorie sono, in linea di principio, opponibili al soggetto fallito e che lo stesso è escluso dai rimedi impugnatori di cui all'art. 98 L.F. (ora art. 206 C.C.I.), e, a maggior ragione, in quanto le sanzioni tributarie sono escluse dall’ambito dell’istituto dell’esdebitazione di cui all’art. 142 L.F. (e dell’art. 278 C.C.I.), salvo che non siano accessorie ad un debito d’imposta estinto. Ciò comporta due conseguenze: che qualora le sanzioni non abbiano la caratteristica dell’accessorietà e non ineriscano un debito integralmente pagato non sono suscettibili di estinguersi; che l’obbligazione tributaria “madre” esige d’essere, comunque, onorata per intero anche dopo la chiusura del fallimento. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
https://dirittodellacrisi.it/articolo/cass-sez-5-30-luglio-2024-n-21333-pres-virgilio-est-leuzzi
[con riferimento alla terza massima,in tema di legittimazione compensativa del soggetto insolvente ad impugnare l’atto impositivo nell’evenienza dell’inattività del curatore, cfr. in questa rivista: Corte di Cassazione, Sez. Trib., 30 settembre 2021, n. 26506 https://www.unijuris.it/node/5875 e circa la rilevanza di qualsiasi tipo di inerzia: Corte di Cassazione, Sez. Unite, 28 aprile 2023, n. 11287 https://www.unijuris.it/node/6981].