Corte d'Appello di Venezia - Concordato semplificato quale procedura percorribile all'esito negativo della composizione negoziata: rapporto con il concordato preventivo e con la liquidazione giudiziale.
Corte d'Appello di Venezia, Sez. I civ., 28 marzo 2024 (data della pronuncia) – Pres. Rel. Caterina Passarelli, Cons. Alessandro Rizzieri e Francesco Petrucco Toffolo.
Composizione negoziata – Raccordo con il concordato semplificato – Esito negativo delle trattative – Comportamento del debitore comunque improntato a correttezza e buona fede - Presupposto necessario – Mancato coinvolgimento di tutti i creditori - Esito negativo del piano -. Condizioni che non ne escludono, a priori, la ricorrenza.
Concordato semplificato – Articolo 25 septies C.C.I. - Mancato richiamo dell'art. 115 C.C.I. - Effetto preclusivo dell'esperimento di azioni di responsabilità – Esclusione – Applicabilità di tutte le regole di carattere generale.
Concordato semplificato – Rapporto col concordato preventivo - Inapplicabilità del limite di ammissibilità previsto dall'art. 84 C.C.I. - Fondamento.
Concordato semplificato – Assenza di pregiudizio per i creditori rispetto alla liquidazione giudiziale – Attribuzione di una qualche utilità a ciascun creditore – Presupposti necessari - Contenuto rappresentato anche dalla sola assenza di danno.
Concordato semplificato – Omologazione - Verifica da eseguirsi dal tribunale – Convenienza economica rispetto alla liquidazione giudiziale – Maggiore rapidità procedurale e di riparto - Condizione sufficiente in caso di equivalenza in termini economici.
Il percorso degiurisdizionalizzato, di tipo negoziale e volontario, rappresentato dalla composizione negoziata della crisi, si raccorda,all’esito negativo delle trattative, con la fase di avvio del concordato semplificato attraverso la relazione dell’esperto in cui quest’ultimo dà conto della conduzione delle stesse, ciò nonostante, comunque secondo correttezza e buona fede (art. 25 sexies C.C.I., comma 1), vale a dire, in particolare, dell'avere l'imprenditore rappresentato in modo completo e trasparente la propria situazione (art. 16, quarto comma, C.C.I.), allegato tutta la documentazione a tal fine necessaria (art. 17 C.C.I.) e gestito l'impresa in modo di evitare pregiudizi ai creditori con l'obiettivo di addivenire ad una soluzione della crisi condivisa e concretamente praticabile, idonea, quantomeno in prospettiva, al superamento della situazione di squilibrio (art. 21 C.C.I.), e quindi, in definitiva, nel non avere l'imprenditore posto in essere condotte abusive di quello strumento, riservandosi l’accesso al concordato semplificato a quei casi in cui il rispetto della regolarità garantisce che non sia effettivamente praticabile una soluzione diversa da quella liquidatoria. Deve però, a tal fine, ritenersi che il presupposto della correttezza e della buona fede possa, in particolare risultare sussistente anche nel caso di mancato coinvolgimento in sede di negoziazione di alcuni creditori, qualora i creditori non coinvolti siano quelli rimasti estranei alla falcidia nella fase negoziata, ossia quelli non interessati dal piano di risanamento, in quella sede proposto, in quanto destinatari del pagamento integrale del loro credito, e deve altresì ritenersi che non possa venir meno a causa dell'esito negativo di quel piano, non essendo prevista dal legislatore una rinnovata interlocuzione con tutti i creditori nel momento in cui risulti l’impossibilità di individuare la soluzione idonea al superamento della crisi, atteso che in quel momento il piano diviene esclusivamente liquidatorio, destinato ad offrire ai creditori, che ne soggiacciono, una utilità non deteriore rispetto alla alternativa della liquidazione giudiziale. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Con riferimento alla procedura di concordato semplificato ex art. 25 sexies C.C.I., il fatto che il primo comma dell’art. 25 septies C.C.I., nel disciplinare la liquidazione del patrimonio, richiami le disposizioni in tema di concordato preventivo di cui all’art. 114 C.C.I. e non anche quelle dell'art. 115 C.C.I. si deve ritenere non precluda, pur in mancanza di un espresso rimando a tale secondo articolo, come strettamente legato al precedente per la comune finalità di dare attuazione alla liquidazione dei beni, l’applicabilità delle norme di carattere generale che prevedono l’esperibilità delle azioni di responsabilità da parte del liquidatore. Infatti, nel silenzio del legislatore che dedica solo due norme all’innovativo istituto del concordato semplificato all’interno del capo intitolato “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio all'esito della composizione negoziata”, tale procedura non può legittimare alcuna deroga ad altri aspetti di carattere generale, quali le responsabilità pregresse degli organi amministrativi e di controllo, non potendo la nuova figura del concordato semplificato essere delineata solo dalle norme espressamente richiamate, con elisione di tutte le regole di carattere generale che ne completano il quadro. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
In sede di concordato semplificato non può, invece,trovare applicazione anche la norma dell'art. 84 C.C.I. che prevede la misura minima del 20% per il soddisfacimento dei creditori chirografari e privilegiati degradati, posto che si tratta di una di quelle norme che, nello specifico, delineano le peculiarità della diversa procedura di concordato preventivo, procedura che si differenzia dalla struttura del concordato semplificato, percorribile solo all’esito negativo delle trattative svolte e verificata l'impossibilità di soluzioni negoziali. Il carattere residuale del concordato semplificato rappresenta la ragione della flessibilità e rapidità di tale procedura che, fondata su adeguati e concreti supporti di affidabilità, non richiede una nuova interlocuzione con i creditori e non introduce dei limiti minimi (e di contenuto) all'effettiva assicurazione di una qualche utilità per i creditori. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
L’art. 25 sexies C.C.I., al comma 5, prevede che la proposta non deve arrecare pregiudizio ai creditori rispetto alla alternativa della liquidazione giudiziale e deve assicurare una utilità a ciascun creditore. Non si tratta di una utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile, come il legislatore ha previsto nel caso di cui all’art. 84, comma 3, C.C.I. per il concordato preventivo, ma di una qualsiasi utilità, anche non economica, che ponga il creditore in una situazione non deteriore rispetto alla liquidazione giudiziale; il concetto di utilità, dunque, non è collegato alla convenienza per il creditore ma alla assenza di danno, assenza che giustifica la compressione del diritto del creditore anche contro la sua volontà. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Con riferimento alla procedura di concordato semplificato, si deve ritenere che il tribunale, con il decreto di omologa, sia chiamato a verificare che, ex art. 25 sexies, comma 5, C.C.I., la proposta non arrechi pregiudizio ai creditori rispetto alle aspettative di soddisfo ritraibili dalla liquidazione giudiziale, secondo una comparazione della «utilità» conseguibile che risulti almeno equivalente a quella che potrebbe ricevere da un ipotetico ed alternativo scenario di riparto in liquidazione giudiziale. Non si tratta, infatti, di una valutazione comparativa di mera convenienza economica rispetto alla liquidazione giudiziale, cioè di una marginalità differenziale netta (tra maggiori realizzi e minori spese) positiva ed incrementativa, in quanto, in caso di una mera equivalenza dei risultati economico-finanziari netti delle due procedure, è sufficiente riconoscere il favore verso il concordato semplificato in forza del vantaggio derivante dalla maggiore rapidità procedurale e di riparto . (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
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