Corte di Cassazione (24018/2023) – Ulteriori considerazioni della Suprema Corte in tema di revocabilità fallimentare delle rimesse in conto corrente bancario effettuate in periodo sospetto.
Corte di Cassazione, Sez. I civ., 07 agosto 2023, n. 24018 – Pres. Magda Cristiano, Rel. Paola Vella.
Fallimento – Rimesse in conto corrente bancario – Effettuazione da parte della fallita allorché in bonis in periodo sospetto – Revocabilità – Necessaria verifica della consistenza e durevolezza di ogni singola rimessa – Accertamento non surrogabile della sola quantificazione ex all'art. 70, comma 3, L.F.
Fallimento – Rimesse effettuate in conto corrente bancario – Quantificazione dell'importo revocabile – Dato aritmetico risultante dall'applicazione del criterio previsto dall'art. 70 L.F. - Criterio insufficiente - Esclusione dal calcolo degli accrediti non effettuati dal correntista ma dal terzo con denaro proprio – Necessità che non siano stati effettuati in adempimento di un debito proprio e non abbia esercitato la rivalsa.
Fallimento – Revocabilità delle rimesse effettuate in conto corrente bancario – Conoscenza da parte della banca dello stato di decozione del correntista – Presupposto richiesto - Accertamento riservato al giudice del merito – Valutazione non sindacabile in cassazione.
In tema di azione revocatoria fallimentare di rimesse in conto corrente bancario, l'art. 67, comma 3, lett. b), L.F. nel testo modificato dal D.L. n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, nella L. n. 80 del 2005, prescinde dalla natura solutoria o ripristinatoria della rimessa, ma impone al giudice del merito di verificare la revocabilità del pagamento rappresentato da ogni singola rimessa, avendo riguardo alla sua “consistenza” ed alla sua “durevolezza”; di conseguenza, l'accertamento non può essere surrogato dalla sola quantificazione della differenza tra l'ammontare massimo raggiunto dalle pretese della banca nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato di insolvenza e l'importo delle stesse alla data di apertura del concorso, come previsto dal successivo art. 70, comma 3, L.F. (nel testo novellato dal citato D.L .n. 35 del 2005 e modificato, da ultimo, dalla L. n. 169 del 2008), trattandosi di “norma di chiusura” che indica solo il limite massimo dell'importo che il convenuto in revocatoria può essere tenuto a restituire. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Il dato aritmetico, pari alla differenza tra la massima esposizione debitoria nel periodo sospetto e il saldo negativo del conto al momento dell'apertura del concorso, come da previsione dell'art 70, terzo comma L.F., non è necessariamente indicativo dell'importo da revocare, perché può essere influenzato da accrediti diversi da quelli da prendere in considerazione a norma dell'art. 67, comma 3, lett. b) L.F., vale a dire effettuati dal correntista nel periodo sospetto o da un terzo ma con denaro di spettanza dello stesso correntista, come ad esempio, nel caso in cui vengano in questione, appunto, le rimesse effettuate da terzi, da ritenersi non revocabili quando risulti che il relativo pagamento non sia stato eseguito con danaro del fallito e sempre che il terzo, utilizzatore di somme proprie, non abbia proposto azione di rivalsa verso l'imprenditore prima della dichiarazione di fallimento o non abbia così adempiuto un'obbligazione relativa ad un debito proprio [nello specifico la Suprema Corte ha, pertanto cassato con rinvio la decisione della Corte distrettuale che in sede di calcolo dell'ammontare della somma da revocarsi non aveva tenuto conto di quella particolare circostanza come effettivamente verificatasi]. (Pierluigi Ferrini - Riproduzione riservata)
In tema di accertamento della scientia dectionis, comerichiesta in capo alla banca affinché le rimesse affluite sul conto della correntista poi fallita in periodo sospetto risultino revocabili, quello svolto in senso positivo dal giudice del merito anche mediante utilizzo di un ragionamento basato su presunzioni non risulta sindacabile in cassazione trattandosi di apprezzamento della vicenda fattuale (valutazione delle c.d. quaestiones facti) rimessa alla discrezionalità decisoria di quel giudice. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
https://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/29656.pdf
[con riferimento alla prima massima, cfr. in questa rivista: Corte di Cassazione, Sez. I civ., 09 Gennaio 2019, n. 277 https://www.unijuris.it/no e/4504; Corte di Cassazione , Sez. I civ., 29 ottobre 2015 n. 24868 https://www.unijuris.it/node/2750 e Cassazione, sez. I, 7 ottobre 2010 n. 20834 https://www.unijuris.it/node/901; con riferimento alla seconda massima: Cassazione civile, sez. I, 09 Ottobre 2017, n. 23597 https://www.unijuris.it/node/3785].