Corte di Cassazione (31659/2019) – Fallimento: necessità per il creditore pretermesso in sede di riparto di fare ricorso, per far valere le sue ragioni, agli strumenti processuali previsti dalla legge fallimentare.
Corte di Cassazione, Sez. I civ., 04 dicembre 2019, n. 31659 - Pres. Carlo De Chiara, Rel. Andrea Fidanzia.
Fallimento- Piano di riparto - Creditori pretermessi - Difesa dei propri diritti - Proposizione di reclami - Necessità - Definizione della procedura - Tutela mediante ricorso successivo a separati giudizi - Azioni di arricchimento o di ripetizione di indebito - Inammissibilità.
A seguito dell'approvazione del piano di riparto fallimentare e della sua mancata impugnazione nei termini di legge, con susseguente chiusura della procedura concorsuale, rimane preclusa ai creditori concorrenti, ancorchè pretermessi, la possibilità di far valere in separato giudizio le proprie ragioni - invero attinenti a rapporti giuridici ormai definiti nell'ambito della procedura medesima – mediante inammissibili azioni di ripetizione dell'indebito o arricchimento senza causa nei confronti del creditore avvantaggiato nel concorso e del curatore del fallimento (Massima ufficiale) [nello specifico, ad avviso della Corte la banca (Intesa San Paolo S.p.a.) che, un anno prima della predisposizione del piano di riparto, era divenuta cessionaria del credito che la banca cedente (Banco Ambrosiano Veneto) vantava nei confronti della società fallita, avrebbe dovuto esperire contro il piano di riparto gli strumenti processuali a sua disposizione (osservazioni al piano di riparto ex art. 110, secondo comma, L.F. previgente ed art. 26 L.F.), previa predisposizione della domanda tardiva di ammissione del proprio credito; ciò in quanto, come avviene in sede di procedimenti esecutivi individuali nei quali contro i provvedimenti del giudice dell'esecuzione, per evitare che portino a risultati definitivi, risultano esperibili le opposizioni agli atti esecutivi e l'opposizione all'esecuzione, anche nella procedura esecutiva fallimentare, a seguito dell'approvazione del piano di riparto e della mancata impugnazione dello stesso nei termini di legge, e, infine, della chiusura della procedura fallimentare, matura a carico dei creditori concorrenti una vera e propria preclusione a far valere in separato giudizio le proprie ragioni attinenti ai rapporti giuridici oramai definiti nell'ambito della stessa procedura, con conseguente inammissibilità sia della domanda di restituzione dell'indebito che di quella di giustificato arricchimento]. (Pierluigi Ferrini - Riproduzione riservata)