Corte di Cassazione (23582/2017) – Fallimento ed insinuazione al passivo di un credito documentato mediante scrittura privata la cui data, seppur mancante, poteva desumersi da documentazione proveniente dalla fallita.
Corte di Cassazione, Sez. I, 09 ottobre 2017 n. 23582 – Pres. Antonio Didone, Rel. Mauro Di Marzio.
Fallimento – Insinuazione al passivo - Documentazione del credito - Scrittura privata senza data certa – Fatto da cui poterla dedurre – Estraneità rispetto a quelli tipizzati dall’art. 2704 c.c. – Documentazione proveniente dalla fallita - Giudice del merito - Compito di valutarne l’idoneità - Limite del carattere obiettivo – Necessario rispetto.
In sede di accertamento dello stato passivo, ai fini della decisione circa l’opponibilità al fallimento di un credito documentato con scrittura privata non avente data certa, mediante la quale si voglia comunque poter offrire la prova del momento in cui il contratto, da cui quel credito è scaturito, è stato concluso, il giudice del merito, ove, a tale scopo, sia dedotto un fatto diverso da quelli tipizzati dall’art. 2704 c.c. (registrazione, morte o sopravvenuta impossibilità fisica di uno dei sottoscrittori, riproduzione in un atto pubblico), si deve ritenere, comunque, tenuto a valutarne l’idoneità a stabilire con certezza la data a cui far risalire quel negozio; ciò, pur sempre, nel rispetto del limite del carattere obiettivo di quel fatto, che non può essere riconducibile al soggetto che lo invoca e deve essere, altresì, sottratto alla sua disponibilità. Pertanto, in applicazione di detto principio, il creditore può dimostrare la certezza della data del documento prodotto anche richiamandosi alle scritture contabili ed al bilancio della fallita, già acquisite al procedimento, o ad altra documentazione, idonea allo scopo, sempre da questa proveniente [nel caso specifico, consistente, in particolare, in una lettera inviata a mezzo fax dalla fallita concernente la ricezione delle fatture relative al credito insinuato ed in una richiesta di pagamento inviata dalla stessa con raccomandata riferita alle medesime fatture, documentazione cui, ad avviso della Corte, doveva riconoscersi l’idoneità a sopperire alla prova mancante]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)