Tribunale di Mantova - Ordine di liberazione degli immobili nelle procedure di vendita disposte dal curatore fallimentare.
Tribunale di Mantova, 13 Ottobre 2016. Est. Laura De Simone.
Fallimento – Vendita dei beni immobili secondo le regole del codice di procedura civile o ex art. 107 l.f. – Ordine di liberazione del giudice delegato – Ammissibilità – Liberazione eseguita dal custode – ammissibilità.
Premesso che in ambito fallimentare è il curatore che sceglie, con il programma di liquidazione, le modalità di vendita dei beni optando - ai sensi del primo o secondo comma dell’art.107 l.f. - per le procedure competitive ovvero per la liquidazione in base alle norme del codice di procedura civile; in questa seconda ipotesi, quando la vendita è programmata secondo le regole processualcivilistiche, può trovare sicura applicazione l’art.560 III co. c.p.c. trattandosi di norma propria dell’espropriazione immobiliare funzionale a consentire al giudice della procedura di disporre la liberazione del cespite da porre in vendita nell’intento di rendere più appetibile il bene e venderlo quindi ad un miglior prezzo e più celermente, con liberazione eseguita- dopo la modificazione operata dal D.L. n.59/2016 convertito in L.119/2016 – direttamente dal custode, senza necessità di ricorso all’attività dell’ufficiale giudiziario (Francesco Gabassi – Riproduzione riservata)
Poiché la scelta del curatore di attuare le vendite attraverso procedure competitive non incide sulla natura delle vendite medesime, trattandosi comunque di vendite coattive, attuate contro la volontà del fallito, non pare eterodosso poter ricorrere, per le vendite fallimentari in genere, alle norme dell’espropriazione forzata per regolare fattispecie non espressamente previste dalla legge fallimentare. Deve pertanto ritenersi possibile, anche in ambito fallimentare, la pronuncia di un ordine di liberazione da parte del giudice della procedura – a prescindere dalla modalità di liquidazione dei cespiti prescelta dal curatore –, apparendo irragionevole immaginare che proprio laddove il curatore abbia adottato la modalità di vendita – peraltro indicata dall’art.107 l.f. come via maestra - delle procedure competitive, scegliendo quindi un agire semplificato e deformalizzato per una gestione più efficiente e celere della procedura, sia poi costretto a ricorrere ad un procedimento di cognizione ordinario per ottenere un titolo per la liberazione dei beni e ad un successivo procedimento di esecuzione per rilascio per la sua esecuzione, con moltiplicazione di tempi e costi e conseguente pregiudizio dell’interesse dei creditori. (Francesco Gabassi – Riproduzione riservata)