Corte di Cassazione – Bancarotta: requisiti di ascrivibilità della condotta delittuosa all’amministratore di fatto.
Corte di Cassazione, Sez. V pen., 05 gennaio 2017 n. 547 - Pres. Palla, Rel. Scotti.
Bancarotta – Amministratore di fatto – Ascrivibilità della condotta – Esistenza di una procura speciale – Insufficienza – Prova dell’uso fattone – Esercizio di una vera attività gestoria – Continuità e non occasionalità - Condizione necessaria.
Si deve ritenere che la configurazione nell’art. 2639 c.c. della nozione dell’amministratore di fatto come colui che “esercita un modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione” sia suscettibile di applicazione non solo in riferimento ai reati previsti dal titolo XI del Libro Quinto del Codice civile da esso richiamati (Disposizioni penali in materia di società e consorzi), ma anche in riferimento ai reati fallimentari (in particolare a quelli ex artt. 223 e 224 L.F.), onde, anche con riferimento a questi, per la configurabilità della veste di amministratore di fatto in capo ad un soggetto, occorre, l’esercizio, continuativo e non occasionale, da parte sua, di funzioni riservate alla competenza dell’amministratore di diritto ed il godimento di una autonomia decisionale. Pertanto, lo stesso non può, in virtù della mera esistenza in atti di una procura speciale che lo nominava institore, essere ritenuto responsabile delle fattispecie delittuose di bancarotta attribuitegli, laddove dall’istruttoria esperita non emergano elementi certi circa la sussistenza, all’epoca dei fatti, di un effettiva condotta gestoria da parte sua Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
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