Consiglio di Stato – Irrilevanza del fallimento in ambito di applicazione di misure antimafia.
Consiglio di Stato, sez. III, 10 gennaio 2013, n. 96 - Pres. Lignani, Est. Cacace.
Misure di prevenzione - Amministratore appartenente ad associazioni mafiose - Estromissione -Intervenuto fallimento del socio-amministratore - Nomina del nuovo amministratore - Irrilevanza.
Fallimento - Interesse alla soddisfazione del credito - Misure di prevenzione antimafia - Garanzia di trasparenza e legalità nelle gare pubbliche - Prevalenza.
In ogni caso di estromissione dalla società dell'amministratore sulla cui persona si incentra il giudizio di permeabilità mafiosa e di nomina di un nuovo amministratore a tutela di interessi generali (come nel caso di irrogazione della misura cautelare del sequestro dei beni aziendali e di nomina di un amministratore giudiziario, ovvero nel caso di fallimento del socio-amministratore e di nomina del nuovo amministratore da parte della curatela fallimentare), quella nomina non può di per sé azzerare la situazione di possibile condizionamento e i pericoli di infiltrazioni malavitose, depurando ex tunc la gestione aziendale e gli amministratori, in quanto l'estraneità della nuova gestione dell'impresa da eventuali interferenze mafiose non vale certo ad elidere la presunzione iuris et de iure che l'illecita infiltrazione possa aver influito con effetto inquinante sull'esito di procedure di gara. (Nel caso di specie, a seguito della dichiarazione di fallimento del socio unico ed amministratore della società, il curatore aveva provveduto alla nomina di un amministratore giudiziario. Ciononostante, l'autorità prefettizia non considerava la circostanza dell'intervenuta nomina di un nuovo amministratore estraneo agli ambienti malavitosi in sede di adozione del provvedimento interdittivo antimafia dipendente dai rapporti intrattenuti dal socio unico ed amministratore con la mafia, decisione che comportava la successiva adozione da parte dell'autorità amministrativa di un provvedimento di risoluzione del vincolo alla sottoscrizione di un contratto d'appalto di cui era risultata "aggiudicataria" la società. Riteneva, pertanto, che non si potesse comunque escludere l'interferenza della precedente infiltrazione mafiosa sulle procedure di gara che avevano determinato l'aggiudicazione della società.) (Irma Giovanna Antonini - Riproduzione riservata)
Sull'interesse alla soddisfazione massima dei crediti da parte della procedura fallimentare, in quanto suscettibile di essere compromesso dall'esistenza di una misura interdittiva, sicuramente prevalgono quelle garanzie di trasparenza e legalità nell'accesso alle commesse pubbliche, che la normativa antimafia mira specificamente a tutelare e che l'esistenza di una procedura fallimentare non consente di obliterare. (Irma Giovanna Antonini - Riproduzione riservata)
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